La Rocca sforzesca di Imola

#giornatatracce. Una cena per aprire gli occhi

La vendita fuori dalla chiesa non "funziona" più. E il parroco suggerisce di organizzare una serata conviviale. Ma chi invitare? Ad Antonio vengono in mente alcuni volti incrociati sul lavoro. Con cui non c'era mai stata occasione...

Quando alla Giornata di inizio anno don Carrón ha proposto di partecipare alla “Giornata Tracce”, la mia prima reazione è stata di fastidio: «Perché dovrei mettermi ad avvicinare sconosciuti per provare a vendere la rivista?». Superato il primo momento, mi sono detto: «Se è lui a proporlo, ci sarà un motivo buono per me! Sarei uno stupido se non provassi. Il rischio è di perdere un’occasione di vedere il Mistero all’opera».

Così ho proposto ad alcuni amici di vendere Tracce in parrocchia. Le reazioni sono state freddine e so anche perché. Per un certo periodo avevamo fatto la vendita fuori dalla chiesa una volta al mese e la maggioranza delle persone faceva di tutto per evitarci. Quei pochi che compravano la rivista ci davano l'impressione di farlo in modo artificioso. Insistere sulla “forma” della vendita in parrocchia suonava pesante anche a me, ma non volevo perdere l’occasione che ci veniva offerta.

Ne ho parlato con il mio parroco che mi ha suggerito di organizzare una cena durante la quale proporre la rivista. L’idea della cena era molto più attraente, ma a chi proporla? Guardando alla mia vita di tutti i giorni mi sono venute in mente persone con cui (sia sul lavoro che in altri ambiti) è nato un rapporto di collaborazione e stima reciproca. Tante volte ho sentito il desiderio di conoscere meglio queste persone, di raccontar loro di me e di condividere la loro esperienza, ma l’occasione non si è mai presentata. Ora invece l’occasione c’era! Ho proposto la cosa ad alcuni amici fraterni che l’hanno condivisa ed abbiamo organizzato insieme la serata.

Il primo frutto l’ho visto in me e nei miei amici. Esserci lasciati provocare dalla proposta fatta alla Giornata di inizio anno ci ha rimesso in moto e non appena per organizzare la cena. Ci ha messo in moto dentro, perché ci ha costretto ad aprire gli occhi su quello che il Mistero fa accadere nella nostra vita e a provare a comunicarlo alle persone che Lui ci fa incontrare.

La cena è stata un momento molto semplice e vero. Persone che non si erano mai viste prima hanno trascorso una serata insieme come se si conoscessero da sempre. Il miracolo di questa familiarità, impossibile fra estranei, è sempre stato, nella mia esperienza, un tratto inconfondibile della Sua presenza. È stato uno spettacolo vedere la libertà con cui alcuni hanno raccontato pezzi della loro vita e il modo in cui si è cercato di aiutarsi ad andare oltre la superficie.

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Proporre Tracce è stato semplice perché è stata la proposta di conoscere meglio un’esperienza che durante la cena era già cominciata. Il modo che il Mistero usa per rendersi evidente nella vita quotidiana è talmente discreto e semplice che io normalmente non me ne accorgo. Ho sempre bisogno di qualcuno che, come ai discepoli di Emmaus, mi apra gli occhi e me lo faccia riconoscere. Meno male che è così perché ogni volta è il rinnovarsi di uno stupore e quindi lo sgorgare di una domanda: «Chi sei tu che mi vuoi così bene da cercarmi sempre abbracciando la mia debolezza e amando la mia libertà?».

Antonio, Imola