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«Protagonista della politica perché vivo»

Storia di Emanuele, Giacomo e dei loro amici. La scoperta di cosa vuol dire rispondere alla realtà e di come questo porta a «interessarsi alla cosa pubblica in modo disinteressato». E a incontrare gli altri

«La prima politica è vivere», diceva Václav Havel. Quando ho incontrato il movimento in università, una delle prime cose che ho sentito di don Giussani è stata «vivere intensamente il reale». Per me oggi vivere significa rispondere. Racconto tre piccoli episodi accaduti in tempo di elezioni. Con Giacomo siamo amici dai tempi dell’università, quando io ho incontrato il movimento. È uno di quei volti importanti da cui mi sono sempre sentito voluto bene. Vive a San Giovanni Lupatoto da quando si è sposato e ha sempre definito il paese come «un dormitorio in cui non c’è nulla, spero di andarmene presto in un posto più bello, più vivo».

Poi è arrivato il lockdown. Giacomo per la prima volta, è stato costretto a guardare a quello che c’era, soprattutto cercando volti amici con cui farsi compagnia. Così, per tutto l’anno scorso ci siamo accompagnati con le nostre famiglie. E lui ha cominciato finalmente a sentirsi a casa. E a guardare anche come è fatta questa casa: i marciapiedi, i giardini e gli alberi… Come si può rendere tutto più bello e accogliente?

Quest’estate ci siamo trovati in cinque amici a pranzo per parlare proprio di questo. Con le elezioni alle porte, volevamo condividere quello che ci interessa. Senza volerlo ne è uscito un volantino, in cui mettevamo a tema il desiderio che tutti possano incominciare a sentirsi a casa in questo Comune, perché quando uno si sente a casa allora incomincia a prendersi cura di quello che c’è e a costruire insieme a chi ha vicino. Avremmo usato il volantino per incontrare altra gente.

Così è stato, ancora prima che si aprisse la campagna elettorale, confrontandoci con persone che magari erano coinvolte in qualche ambito importante del paese. Penso, per esempio, all’incontro con un noto architetto che vive qui, con cui abbiamo parlato di urbanistica e sviluppo edilizio, per capire di più e avere la visione di un esperto. Insomma, un’apertura a 360 gradi.

E se all’inizio eravamo pieni di entusiasmo, poi ci siamo scontrati con la realtà e il poco tempo a disposizione. A luglio, dopo vari giorni complicati, non mi ero più fatto vivo con gli altri. Una settimana dopo, incontro Giacomo, che stava tirando un po’ le fila della baracca da solo. Mi sentivo in colpa, e invece, per come mi ha guardato, mi sono sentito semplicemente voluto bene. A lui interessavo solo io e come stavo. Si è aperto un dialogo interessante che ci ha rimessi in moto: dovevamo partire dalla realtà, per cui anche la vicenda politica, per come è accaduta, dovevamo guardarla nel nostro contesto quotidiano: entrambi con famiglia, bimbi piccoli… E gli ho detto: «Io ci sto a darti una mano, ma solo per il fatto che ci vogliamo bene e ci guardiamo con libertà. Facciamo quello che riusciamo con quello che ci è dato e senza smettere di guardarci così». Siamo chiamati a rispondere dove le circostanze ci portano, non secondo un progetto, pur con tutte le idee e i buoni propositi. Questo per me è risponderee vivere intensamente tenendo conto di tutto.

Quando è stata ufficializzata la data delle elezioni, sono usciti anche i nomi dei candidati sindaco. Tra questi c’era Anna, già consigliere comunale, mia compagna di classe del liceo. «Devo inviarle il volantino», ho pensato subito. Non la sentivo da quindici anni. E in più si candidava in un’area politica che non mi appartiene, ma il volantino, con titolo “Cosa c’è in ballo? La possibilità della verifica della fede” andava oltre il colore politico. Tempo dieci minuti e mi risponde: «Wow, sono sbalordita e molto incuriosita. Incontriamoci di sicuro». Ci accordiamo per vederci da lì a dieci giorni, ma ne passano appena due che mi chiama: «Continuo a pensare al volantino. Una posizione così non l’ho mai vista. Perché non ti candidi con me?». Non me l’aspettavo. Quando ci incontriamo, le chiedo cosa l’ha colpita così tanto. E lei: «Potrei averlo scritto anch'io. Il gusto per il bello, il buono, il giusto, l’amore per il luogo in cui vive… Quando mesi fa mi sono incontrata con gli altri della lista per decidere se candidarci, abbiamo tirato fuori le stesse motivazioni che avete scritto tu e i tuoi amici. Solo che voi non vi state candidando, eppure addirittura avete fatto dei punti di programma. Non ho mai visto gente così interessata in modo disinteressato. Per questo ti ho chiesto di candidarti con me».

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Quando il desiderio di una persona è vero si scopre che il punto di partenza del cuore è lo stesso e permette di aprire un dialogo buono. E la cosa più grande della politica che sto scoprendo è la gratuità, che è l’elemento che più ha colpito anche Anna.

Non mi sono candidato. Ma mi sento protagonista della politica perché innanzitutto sto vivendo: vivo la mia famiglia, il mio lavoro, il mio paese. Nulla è negato e ogni incontro sta diventando prezioso. Quando mettiamo a nudo il nostro cuore non c’è più alcuna barriera, alcun limite al dialogo. Anzi, è li che nasce e cresce qualcosa di nuovo.

Emanuele, San Giovanni Lupatoto (Verona)