Qualcosa che accade anche nell'ora di orientamento

Un gruppo di liceali presenta la propria scuola alle medie. È un momento che ogni anno Paola, la loro prof, prepara con cura. Il tema, questa volta, è "la felicità". Il racconto di quello che è successo

Con alcune ragazze della mia quarta sono andata a fare orientamento nelle scuole medie per promuovere il nostro liceo classico. Per me non è mai un momento formale, bensì l’occasione per condividere la mia passione e per scoprire chi sono, sia attraverso i miei alunni sia i ragazzini delle medie. Tra l’altro, il lavoro di preparazione è sempre stupendo perché ogni mio studente, rispetto al tema scelto, propone l’argomento scolastico che gli ha infiammato di più il cuore.

Quest’anno, per esempio, abbiamo aderito al tema proposto da una ragazza: la felicità. Abbiamo parlato di cosa significhi per noi, confrontandoci con “amici” della letteratura greca, latina, italiana… Il tutto intrecciato con canti dal vivo, video, giochi. Ormai il nostro “metodo” è infallibile: il lavoro che facciamo, e che prepariamo con cura, è solo lo spunto per giocarcelo ogni volta sul campo con i ragazzini che incontriamo. Ci divertiamo perché diventano loro i veri protagonisti, loro e tutto quello che accade per noi insieme a loro. Ad esempio, siamo andate in una scuola cui tenevo molto perché ci insegna una mia carissima amica. Appena arrivati la ragazza che aveva fatto il power point, si è disperata perché, a causa della versione vecchia del programma della scuola, erano saltate le sue fantastiche animazioni. Prima che iniziasse a parlare, le ho detto: «Non c’è tempo per lamentarsi. Abbiamo imparato che la difficoltà è un’occasione. Guarda cosa accadrà oggi». Ero certa che sarebbe stata brillante come al solito, ma non volevo che censurasse la sua delusione.

In quella mattinata sono successe cose incredibili che ci hanno permesso di sperimentare la felicità di cui parlavamo. Ad esempio, ad un certo momento, un’insegnante ci ha promesso che il suo ragazzo autistico ci avrebbe portato un caffè. È arrivato molto tardi, quando ormai non ci speravo più, ma appena ho visto quel ragazzo - che non parla e fa fatica a camminare - con il vassoio, mi sono commossa e ho fermato tutto per leggere il brano di un romanzo che avevamo deciso di tralasciare. «Ferma la macchina. Lo senti? C’è odore di felicità, è la Grecia. Le persone se ne stanno immobili, si concedono il tempo di guardarci passare, respirano. Vedi, Momo, nella mia vita avrò anche lavorato molto, ma ho lavorato lentamente, prendendomi il mio tempo, senza dannarmi l’anima per incassare di più o accaparrarmi i clienti, no. Il segreto della felicità è la lentezza, proprio così. Tu che vuoi fare da grande?» (E.-E. Schmitt, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano). L’ho ripescato in quel momento perché ci accadeva in quel momento: la felicità non è ottenere subito quello che si vuole, la felicità è attendere la cosa che si desidera; solo se la si attende molto, la si può assaporare veramente, quando arriva, come quel caffè che, desiderato, mi sarei gustata immensamente.

Alla fine del nostro intervento, abbiamo fatto vedere un video in cui Benigni parla della felicità e sprona a «saltare dentro l’esistenza, ora, qui». La studentessa che l’ha proposto si è fatta tatuare lungo tutta la schiena quella frase. Mentre Benigni ci trascinava, io guardavo i volti dei ragazzi che guardavano l’attore: rapiti, felici e io felice nel vederli. Chi ci prende tutti così diversi, grandi e piccoli? Alla fine ho chiesto che cosa li aveva colpiti. Un ragazzo mi ha risposto «che non dobbiamo aver paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero». Una prof si è avvicinata con gli occhi lucidi a una delle mie alunne: «Grazie, mi avete ridato, mi hai ridato l’entusiasmo per insegnare». Finito tutto, mentre sistemavamo, un ragazzino si è affacciato timidamente alla porta. Sperava che non fossimo andate via perché ci voleva dire personalmente una cosa: «Grazie perché oggi mi è piaciuto tantissimo. Io vorrei tanto fare il classico perché mi piacciono Storia, Italiano. Infatti da grande vorrei diventare archeologo, ma i miei prof me l’hanno sconsigliato perché ho difficoltà nell’attenzione…». «Ma sei stato attento due ore!», gli abbiamo detto e lo abbiamo incoraggiato a seguire il suo sogno, lo abbiamo guardato “da grande” con stima.

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Mentre ce ne andavamo, ho scoperto che la ragazza del power point, stava piangendo. Ho sbottato: «Ancora per quel power point? Bastaa!». «No, piango per quel ragazzo. Mi ha colpito tantissimo», mi ha risposto. La felicità è un avvenimento: l’eccezionale nel quotidiano. E accade sempre in un modo unico per me e per ciascuno. Ce l’aveva fatto notare la studentessa che introducendo il nostro tema, aveva osservato che in inglese l'aggettivo "felice”, happy, ha la stessa radice -hap del verbo “accadere”, happen.
Paola