Foto Usplash/Kelsey Chance

Riconoscere Cristo nel Far West

Il duello dialettico su "Dio e la Chiesa" tra un padre ateo e una responsabile di GS. La battuta di una ragazzina che ribalta le regole del gioco. E rimette al centro l'esperienza

Vado a cena a casa di una mia giessina che ha il padre molto scettico verso Dio e la Chiesa. Lei aveva invitato anche un’altra mia alunna, sempre giessina, grande amica sua e mia. Come immaginavo, ad un certo punto, il padre mi attacca con i soliti luoghi comuni (corruzione, giochi di potere, pedofilia… su Cl e la Chiesa), arrivando poi alla radice del suo disagio: «Dio, Gesù, il Paradiso sono tutte belle favole. Come fai a crederci, se sono storie irrazionali, non dimostrabili?». Era apparentemente ben informato nel citare fatti, numeri, con una dovizia di particolari che dimostravano sicuramente una capacità argomentativa superiore alla mia.

Fossimo stati soli, saremmo stati più liberi: certamente il pubblico - le mie alunne e la moglie - non ci aiutava, in particolare le due ragazze a cui mi sentivo di dover dare ragione in modo convincente della storia che vivevo e che, ormai da tre anni, condivido con loro. Ma evidentemente anche il padre aveva il mio stesso problema. Ad un certo punto mi è stato chiaro che in quel ring ero “sotto” dialetticamente. Allora mi è successa una cosa che è la seconda volta che sperimento così chiaramente: proprio nel momento in cui mi sono resa conto della mia inferiorità di fronte all’altro, ho avvertito tutta la mia forza. La mia debolezza, che diventa domanda e arma invincibile, è proprio l’abbandono ad un Altro: «Io non ce la faccio, fa’ Tu che preferisci me perché sono debole e Tu ami i deboli dato che loro ti aprono le porte: vinci e convinci i nostri cuori».
È stato un respirare a pieni polmoni: dalla dialettica sono passata all’ascolto e ho visto il Mistero all’opera attraverso indizi molto tenui, che forse non avrei intercettato, se non fossi stata spettatrice attenta, curiosa e povera.

Quando il genitore ha insistito sulla corruzione di Chiesa e CL, l’amica della figlia è saltata sulla sedia: «Saranno pure corrotti, ma Paola no e Paola è la Chiesa». Che lezione! Quella ragazzina è partita dal presente e dalla sua esperienza, usando ragione e affezione, senza dover cancellare nessun dato della realtà. Ho cominciato a guardare anch’io la mia esperienza: quanti segni concreti nella mia esistenza della Sua presenza, così fisica e reale che è stato ragionevole per me darGli la vita, come avevo raccontato a quel padre nella cena precedente. Quanti segni anche quella sera, in cui il Mistero mi stava mostrando quanto fosse più forte del male della Chiesa e mio, da permettermi di riconoscerLo lì, all’opera, accanto a me.

Ho scoperto che il mio valore non sta nell’efficacia del fare o del parlare, ma nell’accorgermi di Lui che fa: la mia responsabilità - anche educativa - non sta nel portare Cristo nella realtà, ma nell’accorgermi che Lui già c’è e mi parla, mi educa, mi salva. Questo mi ha fatto venire in mente un passo di Giussani dove dice che l’Avvenimento non è una cattedrale bellissima che si innalza per amore di Cristo dentro un Far West. L’Avvenimento è il Far West che diventa tempio. Cristo non Lo porti nel Far West, ma Lo riconosci nel Far West perché Dio è tutto in tutto. Anche Federico Borromeo, nel famoso incontro, non porta Dio all’Innominato, lo riconosce dentro di lui e risponde così alla sua domanda di dov’è Dio: «E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore?».

Mentre il padre insisteva che Dio non c’è perché non si vede, lo ha interrotto la figlia: «L’amore lo vedi? Eppure tu vuoi bene alla mamma e a noi figli». Ma soprattutto mi ha colpito la risposta che lei ha dato al padre che aveva definito la morale cattolica un giogo che impedisce di essere liberi: «Tu i comandamenti non li segui solo perché devi, ma perché vuoi, dato che sei più felice quando li osservi». In quel momento l’ho guardata sbalordita: chi le ha suggerito quell’uso così acuto della ragione?

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Pensavo di dover dimostrare io alle mie ragazze quanto fosse ragionevole la mia strada, invece sono state loro a restituirmela più affascinante e persuasiva: il Mistero mi ha spiazzata attraverso di loro. Alla fine, ho guardato quel padre negli occhi e piena di gratitudine gli ho detto: «Ora so che di te mi posso fidare perché sei un uomo leale che dice quello che pensa». Sorridendo, mi ha risposto: «Spero che tu abbia ragione, perché se il mondo è pieno di persone come me sarebbe un casino. Per fortuna ci sono quelle come te…».

Ciò che cambia lo sguardo dell’altro, non sono le parole, è uno sguardo che scorge nell’altro l’infinito e quindi il suo valore infinito. Lo stesso del cardinale Borromeo che vede Dio nell’inquietudine dell’Innominato e che quindi vede in lui non uno che è riuscito a convertire, ma - scrive Manzoni - un «nuovo amico». Lo è per me anche questo padre.
Paola, Pesaro