Alcuni Cavalieri sulle tracce del beato Rolando Rivi

Tanti Cavalieri, una sola Promessa

Oltre tremila studenti delle medie, in Italia e all'estero, si sono riuniti in luoghi diversi per rinnovare il loro "sì" a Gesù e alla compagnia che li sostiene. Nei loro racconti, la bellezza di quello che vivono

Perché si fa una promessa? Per fare memoria di qualcosa di importante e al tempo stesso assumersi un impegno. Lo sanno bene i tantissimi ragazzi del Graal-Cavalieri, la proposta di amicizia cristiana per gli studenti delle medie, che in questi mesi si sono ritrovati– seppur in momenti e luoghi diversi – per il grande gesto della “Promessa”. L’esperienza dei Cavalieri, infatti, è ormai diffusa in tutto il mondo con un particolare radicamento in Italia: durante l’anno ci sono momenti di gioco insieme, il ritrovo settimanale, la partecipazione ad alcuni gesti comuni come la giornata della Colletta alimentare o la Via Crucis.
In primavera, prima delle vacanze in montagna organizzate dai diversi gruppi, tutti i Cavalieri sono chiamati con la Promessa a riscoprire il dono del Battesimo dicendo il loro personale “sì” a Gesù e domandando a Dio di essere fedeli ai gesti della compagnia, fedeli nella recita della preghiera del Cavaliere (una bellissima orazione dove i ragazzi si impegnano ad offrire studio e gioco, parole e silenzio per la maggior Gloria di Dio) e disponibili a condividere i bisogni dei compagni. Nel farlo scelgono un santo protettore, che diventa un compagno di cammino. In Italia e all’estero anche quest’anno circa tremila Cavalieri hanno voluto testimoniare con questo gesto il desiderio di far parte di questa storia “non per avere un’occasione di stare semplicemente insieme, ma perché Colui che è presente in questa compagnia compie la nostra umanità, ci rende più veri in tutto quello che facciamo” (dal libretto in preparazione alla Promessa 2023).


Da un seme il centuplo
Cara Antonella e cara Loredana, frequento i Cavalieri solo da un anno ma sono tantissime le cose belle che abbiamo vissuto insieme. In realtà, però, è un episodio che mi ha creato dispiacere ad avermi insegnato tanto. Durante l’ultimo incontro con i Cavalieri della Sicilia, dopo che don Carmelo ci ha raccontato della sua esperienza e della sua amicizia con don Giussani, ci siamo preparati per il gioco. Ci hanno casualmente assegnati alle varie squadre, cercando di “mescolarci” con i Cavalieri di altre città in modo da socializzare con tutti. Subito ho visto con tristezza che alcuni dei miei amici hanno fatto in modo di cancellare il colore della squadra dal proprio viso per raggiungere i compagni che erano in altre squadre e con cui preferivano stare. In quel momento mi sono sentita non voluta. Eppure ci era sempre stato detto che ai Cavalieri siamo tutti amici! Per tutto il gioco sono stata triste, ma alla sera mi sono venute in mente le parole di don Carmelo che ci aveva detto di non abbandonare mai i nostri desideri. Così mi sono accorta che io non devo abbandonare il mio desiderio di avere amici che mi vogliano bene e che non devo smettere di cercare. La mia tristezza quindi si è trasformata in certezza che il mio desiderio debba rimanere vivo.
Per questo chiedo di poter fare la Promessa: ho capito che il gruppo dei Cavalieri non è fatto solo da persone perfette (anche qui posso beccarmi le delusioni) ma nello stare insieme, nel condividere tutto, sto scoprendo il senso di quello che vivo.
Flavia, Termini


L’amicizia e la caritativa
Ci siamo preparati alla Promessa anche attraverso la caritativa. Spesso siamo andati alla casa di riposo e con ognuno dei miei compagni abbiamo “adottato” un nonno. Io però lì avevo il mio vero nonno. Ogni volta che preparavamo un regalo o un gesto per loro, io avevo davanti il suo volto che era lì ad aspettarmi con un sorriso - anche se sofferente. È stato bello non andare da sola da lui, ma con i miei amici Cavalieri: abbiamo ballato, ascoltato ed imparato tanto dagli anziani. Quando tornavo a casa, raccontavo tutto al mio papà perché volevo condividere questa esperienza meravigliosa. Ho imparato uno sguardo nuovo su di me e su mio nonno che prima non avevo. Quando a Palermo, poi, ho ascoltato la testimonianza di don Carmelo mi sono commossa perché ho visto come era felice e come seguire Gesù abbia cambiato la sua vita. Mi auguro di poter continuare a stare dentro questa compagnia e continuare la caritativa che mi sostiene.
Carlotta, Caltanissetta

Alcuni ragazzi con la tessera della Promessa del Cavaliere

Il Manto della Madonna Nera: la Promessa ad Oropa
Da alcuni anni i gruppi di Cavalieri del Piemonte e della Valle d’Aosta si trovano insieme per fare la Promessa. Quest’anno la scelta del luogo è caduta sul Santuario di Oropa, dedicato alla Madonna Nera. Avevamo previsto due giorni di giochi e passeggiate, ma il maltempo non ci ha dato tregua, scombussolando i nostri programmi. La pioggia però non ci ha fermati, anzi. Per noi il gesto della Promessa era infatti un momento molto atteso, la conclusione di un percorso fatto quest’anno con i ragazzi alla scoperta della figura di don Giussani. Il gesto è stato introdotto da una sfida lanciata a tutti: “In questa compagnia c’è un segreto, qualcosa che ci rende diversi, non perché più bravi: e questo segreto, una volta svelato, si svela ogni volta di più”.
Qual è questo segreto? Abbiamo provato a scoprirlo insieme fin dal primo giorno con la presentazione dei gruppi, i giochi al coperto e ascoltando la testimonianza di don Michele Berchi, rettore del santuario. È stato lui ad aiutarci in questo cammino, semplicemente condividendo con noi la sua storia: dall’incontro con una compagnia di amici alle domande che non lo lasciavano mai tranquillo e che lui poneva a don Giussani, fino al suo mandato in Perù e infine la vita nel Santuario.
Il momento più toccante è stato, forse, quando ha raccontato del manto della Madonna Nera, realizzato cucendo insieme migliaia di pezzettini di stoffa donata dai fedeli. E ogni brandello di tessuto ha un significato per colui che lo ha donato, perché magari arriva da un abito da sposa, da una vestina del Battesimo, dalla copertina di un figlio morto. Il giorno della Promessa abbiamo pregato e letto insieme alcune delle lettere che i ragazzi hanno scritto. In tanti hanno chiesto di poterci essere per continuare a far parte di una compagnia che avvicina a Gesù e al tempo stesso in cui essere liberi. La giornata è stata scandita da gesti semplici: la visita agli ex-voto presenti nel Santuario, il silenzio, il corteo dietro agli stendardi per incamminarsi verso la chiesa dove abbiamo celebrato la messa e poi fatto la Promessa. Noi adulti siamo rimasti colpiti dalla serietà con cui tutti i Cavalieri hanno partecipato. Come è grande il bisogno del cuore! Del loro come del nostro. Tornando a casa, alla sera, ci è venuto in mente il Salmo 117: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, giorno di gioia, giorno di salvezza”.
Tullio e gli adulti della Valle D’Aosta


Quell’Amico che non ci lascerà mai
«Vengo alla Promessa perché voglio avere un amico vero, uno che stia al mio fianco e che mi dia sempre supporto, anche quando sono nel torto». Le parole di Dorotea - seconda media - danno voce al desiderio di partecipare al grande gesto della Promessa.
È domenica 30 aprile, quando oltre 140 ragazzi e adulti dei Cavalieri degli Estremi Confini - Cremona, Brescia, Piacenza, Caravaggio, Novara, Firenze, Liguria – si radunano a San Valentino di Modena, patria del Beato Rolando Rivi, un bambino appassionato al gioco e all’avventura che ha vissuto tutta la sua breve esistenza nell’amore a Gesù prima di essere ucciso dai partigiani nel 1945. Così sulle sue orme i Cavalieri di Sobieski si riuniscono per riaffermare un’amicizia speciale con lo sguardo fisso a Gesù.
La mattinata inizia con i giochi insieme: bindella, pneumatici, secchi sono solo parte della avvincente staffetta che Gigi ha scrupolosamente organizzato. Sudati e contenti, si approda alla Pieve di San Valentino: pranzo al sacco immerso nelle verdi vallate retrostanti la chiesa e ci si raccoglie sul sagrato. Bastano pochi cenni e un breve richiamo alla vita di Rolando perché si crei un silenzio carico di attesa. La sua storia catalizza l’attenzione di tutti i ragazzi. «Rolando è uno di noi» dice Andrea. Anche lui aveva un grande Amico a cui affidarsi.
«Di lui ammiro il coraggio di affermare l’appartenenza a Gesù. Anche io ho la stessa convinzione nell’appartenere a questa compagnia» incalza Aurora.
C’è una strana affinità che brucia i quasi ottant’anni di storia che ci separano da questo giovane santo. Qualcuno dei ragazzi è scosso dalla sua morte violenta e dall’odio che c’era verso la Chiesa in quegli anni, qualcun altro continua a interrogarsi sul proprio “sì” a Gesù, quello che di lì a breve pronuncerà davanti a tutti, eco di quel «Io sono di Gesù» che Rolando non aveva esitato ad annunciare anche davanti ai suoi assassini.
Durante la Messa, davanti all’altare dove riposa Rolando, la voce di don Marco chiama per nome ciascun ragazzo. Ognuno si alza e risponde «Eccomi». Aiutati dal Vangelo che riporta la parabola del buon pastore, ci si mette in fila e poi, inginocchiati davanti all’altare con la mano nella mano del sacerdote, ciascuno invoca un santo protettore e promette fedeltà a Dio, attraverso il dono della compagnia. «Solo sapendo di chi siamo, cioè a chi apparteniamo, possiamo vivere. Non preoccupiamoci se tradiamo, è Cristo che mantiene la Promessa per sempre». Con queste parole di don Marco nel cuore, si canta e si fa festa insieme, pieni di gratitudine verso quell’Amico che Rolando ha testimoniato.
Laura e gli adulti di Cremona