(Foto Archivio Pellegrinaggio Macerata-Loreto)

Macerata-Loreto. «Tutto è possibilità di bene»

La prima volta nel 2010. E da allora Raimondo è sempre tornato in terra marchigiana per il pellegrinaggio. Per «consegnare tutte le mie "ossa rotte" alla Madonna». Come è accaduto anche quest'anno

L’appuntamento è alle 8.30 a Casarano. Partiamo sempre prestino, siamo nel “tacco”d'Italia: in trenta dal sud Salento, in ventidue da Lecce, mentre don Emanuele con tre suoi amici si uniscono al casello Foggia. Alla partenza, vicino al pullman, ci sono amici di sempre e facce nuove. Con alcuni non ci si vede per un anno intero fino al secondo sabato di giugno, quando ci si ritrova per il pellegrinaggio Macerata-Loreto. E sono abbracci, sorrisi, occhi illuminati… Come di chi si è visto fino al giorno prima, come di chi si vede tutti i giorni.

L’arrivo a Macerata è previsto per le 18.30. In viaggio qualcuno legge, altri scherzano, altri raccontano di sé. Io un’amica prepariamo i giochi per la vacanza dei Cavalieri (un’esperienza cristiana dedicata ai ragazzi delle medie, ndr). I “veterani” guardano il meteo, possibile pioggia a Macerata: «Ti ricordi il 2017? E chi se lo scorda! Fradicio, ma bellissimo. Però, Madonna mia, fai che oggi non piova».

Due fermate in autogrill per pranzare, per cambiarci e prendere gli zainetti. Nel secondo autogrill ci sono altri pullman in sosta: «Questi sono i “nostri”». Li riconosci subito: hanno vestiti colorati, hanno uno strano modo di guardarsi e di scherzare tra loro. Una “baldanza” che mi è famigliare.

Più ci avviciniamo a Macerata e più non vedo l’ora di riabbracciare tutto: lo stadio, i canti, la Messa, i cellophane per sedersi sul prato umido, gli ombrelli bianchi… Quella Madre e quel suo Figliolo in attesa. E quel popolo colorato, atteso. Scendiamo dal pullman, abbraccio Chiara, la figlia che studia a Verona, arrivata con gli amici veneti. Dentro lo stadio ci attende un popolo in festa. Alcuni sono giovanissimi, altri meno, come il sottoscritto.

Il mio primo pellegrinaggio fu nel 2010. Avevo 44 anni e decisi di andarci in un momento davvero complicato: alcuni rapporti per me esistenziali, per circostanze diverse, erano venuti meno e con loro molte delle sicurezze su cui poggiava la mia quotidianità. Intrapresi il cammino come chi ritorna dalla propria madre dopo una vita passata altrove. Un altrove giusto e politicamente corretto, fatto di lavoro, di famiglia, di casa e Chiesa. Ma un altrove. Quella prima volta arrivai davanti alla Madonna consegnandole tutte le mie ossa rotte e chiedendole di fare Lei quello che non ero capace di fare, che fosse Lei a ricostruire la vita, Lei che della vita è Madre. A quella domanda e a tutte le altre degli anni a venire, avrebbe puntualmente risposto.

Come nel pellegrinaggio del 2017, quello del diluvio. Lungo il cammino Le chiesi sollievo per alcune circostanze che mi stavano provando molto. Di lì a pochi mesi mi fu diagnosticato un carcinoma alla tiroide. La prova che mi ritrovai davanti non fu certamente la Sua risposta alle mie preghiere, ma i miracoli accaduti durante il tempo della malattia e della cura, quelli sì, erano Suoi. Quell’ imprevista circostanza mi ha fatto riscoprire la grandezza del presente e il valore del tempo che mi è dato, l’opportunità che ogni istante ci consegna per esser grati a Dio per le cose grandi e per la vita che ci dona. Mi sono ritrovato con uno sguardo del tutto nuovo sulle cose, riscoprendo ogni nuovo giorno come un bene grande per me, come l’abbraccio caldo e premuroso di una Madre attenta.

Quest’ anno ho un ginocchio un po' malandato, speriamo che regga fino a Loreto. Lungo il cammino capisco che vorrei trattenere tutto: le testimonianze di tanti amici, la preghiera e il silenzio, Tu scendi dalle stelle cantata a giugno, le fiaccole che illuminano, come in una grande festa, tutta la processione mentre il cielo notturno si colora dei fuochi d’artificio della ditta Alessi… Voglio trattenere la fatica che sento, questo andare un po’ claudicante, il popolo che mi circonda, la letizia di tanti volti e quell’ attesa che arrivi presto l’alba, per poterLa rivedere.

Abbiamo camminato tutta la notte, senza dormire, ma certo anche Lei non avrà preso sonno. Mi avrà aspettato trepidante come ogni madre aspetta il proprio figlio, preoccupata quando questi tarda a rientrare, quando si attarda tra le sue mille questioni di questo mondo. Ma ora che sono qui, davanti a Te, tutto è una possibilità di bene.

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Sono quasi le 7. Torno verso il pullman, il cuore pieno di Lei e dei miei amici. Il mio ginocchio ha retto, anche se fa un po’ male. Andando al parcheggio, cerco una panchina per riposare un attimo. Ne trovo una, c’è una donna seduta. Mi siedo anche io. Occhi azzurri, sulla settantina. Mi guarda e mi dice che aspetta che sfolli un po', prima di entrare nella Santa Casa. Ha un accento strano. Le chiedo, di dove sia. «Sono croata, ma vivo in Italia da tanto tempo. Sono ortodossa, ma vengo sempre con voi. La Madonna è anche mia Madre. Lei è la madre di tutti».
Raimondo, Casarano (Lecce)