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Bolzano. «Ma voi incontrate anche persone di lingua tedesca?»

In Alto Adige, ancora oggi, italofoni e germanofoni vivono vite separate. Una semplice domanda provoca la comunità locale di CL. E un dialogo con il Vescovo apre la strada a un evento senza precedenti

«Herr, du bist mein Leben, Herr du bist mein Weg», «Tu sei la mia vita altro io non ho»: con questo canto in due lingue, tedesco e italiano, è cominciato l’incontro a conclusione dell’anno di lavoro che ha coinvolto il movimento di CL Alto Adige e rappresentanti di alcune parrocchie e movimenti presenti nella Diocesi di Bolzano-Bressanone. Un percorso avviato dalla sfida che, ancora prima, ci aveva lanciato un amico che ogni tanto viene a trovare la nostra comunità: «Ma voi incontrate anche persone di lingua tedesca? O sono per voi degli estranei?». È stata una secchiata d’acqua in faccia, perché ha aperto “la” questione: l’incontro con Cristo mi permette di entrare in rapporto con tutti, anche con chi ha tradizioni e costumi molto diversi dai miei?

Immaginavamo di proporre, per il centenario della nascita di don Giussani, un momento di testimonianza di come il suo carisma nel mondo avesse permesso di realizzare forme di convivenza tra i popoli. Il vescovo Ivo Muser, ascoltando questa idea, ci ha rilanciato con convinzione, indicandoci come meta il giorno del Corpus Domini 2023: «Il Corpo di Cristo dev’essere visibile! Avete in mente di fare una festa? Bilingue? Bene, fatela in questo giorno! E cercate testimonianze di famiglie mistilingui, dove vinca la fede, dove le diverse tradizioni siano abbracciate da Cristo vivo e operante! Sarebbe bello un momento di convivenza semplice come un pranzo insieme e un momento in cui si evidenzi l’esperienza delle famiglie mistilingui». Il Vescovo ha reso il nostro desiderio ancora più profetico (la profezia per la pace): proporre a tutto l’Alto Adige il carisma di unità, amicizia cristiana, carità, che l’incontro con Cristo attraverso il carisma di don Giussani ha segnato e segna le nostre esistenze.

In Alto Adige il muro linguistico è una realtà incrollabile: tra italiani e tedeschi le scuole, le chiese (anche una di fronte all’altra), i luoghi di ritrovo, le abitudini sono radicalmente separati. Storicamente tutto ciò nasce dalla “italianizzazione forzata” attuata con il fascismo, che spostò numerosi italiani per impiegarli nei posti statali e nelle fabbriche della zona. Dopo la stagione degli attentati dinamitardi che resero il clima incandescente, solo con la calma e la pazienza di alcuni politici, di sacerdoti influenti, di una volontà ferrea di una gran fetta della popolazione, si riuscì a trovare un accordo tra i blocchi linguistici (sarebbero tre con quello ladino) per una convivenza civile.
Ma è una convivenza diffidente, in cui i gruppi conducono esistenze parallele. La prosperità che ora si vive in questa terra di frontiera ha favorito una pacificazione tra gli animi, cercando di pianificare ogni bisogno. Ma il benessere non dà felicità, anzi… Non sono rari i suicidi tra giovani e giovanissimi, la droga gira a fiumi, e così pure l’alcol in una città con altissima densità di bar. Tanti segni di un’inquietudine che serpeggia nel cuore dell’uomo, spesso giovane. Il nostro tentativo è stato di offrire a questa realtà la nostra esperienza, attraverso una giornata insieme. Un’idea senza precedenti.

«Non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero…»: questo è stato il fil rouge del cammino intrapreso per organizzare l’evento, così come il Vescovo ci aveva suggerito. Mangiare insieme e ascoltare la testimonianza di due coppie mistilingui che raccontassero la grandezza di vivere insieme a partire da un’esperienza di fede, e di come la fede ha aiutato questa accettazione delle differenze.
Abbiamo cercato di coinvolgere da subito altre persone: ci hanno risposto il Forum e la Consulta, i Focolarini, la Diocesi con l’ufficio pastorale, altri movimenti, molte parrocchie di Bolzano. Ci siamo incontrati sei volte con un gruppetto di lavoro, portando la nostra esperienza, domande, punti di lavoro: su tutti Reinhard, il direttore dell’ufficio liturgico, ci ha aperto molte porte del mondo di lingua tedesca.

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Il giorno della festa è arrivato, con il grande tendone degli alpini per il pranzo e gli stand dei giochi per bambini. Il Vescovo è stato presente dalla Messa delle 9 alle 15.30, quando ha concluso le testimonianze delle due famiglie mistilingue: «Abbiamo portato la celebrazione e processione del Corpus Domini in piazza», ha detto: «Il vero messaggio di oggi è che la fede ha a che fare con la nostra vita, deve dare un’impronta all’esistenza. La fede non risolve tutti i problemi, non è una medicina; è dono e ci aiuta ad affrontare la vita. Questa è la grande promessa del Corpus Domini: “Io sono e rimango con voi tutti i giorni”, ci ha detto Gesù all’Ascensione. La nostra Diocesi deve rendersi conto di queste differenze per valorizzarle. Mi auguro che l’esperienza di oggi non sarà l’ultima. Mangiare insieme, rendere visibili le tradizioni della nostra terra, fa bene a tutti. Dobbiamo valorizzare l’altro accettando le sue diversità. La convivenza è possibile: è la nostra ricchezza di cui essere fieri. Lo possiamo dire anche agli altri: questa è la vocazione della nostra Diocesi, non abbiamo bisogno di teorie, ma di testimonianze. Ascoltare! E ascoltando possiamo imparare».

Qual è il guadagno per me da questa occasione? Un “sì” detto, un lavoro insieme, tanti rapporti, ma soprattutto il privilegio di vedere come il Signore doni tanti segni per farsi vedere. «Non un miracolo, ma un cammino»: questo io l’ho sperimentato e con me chi ha rischiato la faccia in questo tentativo di attuare la profezia per la pace. Un’altra edizione è già dietro l’angolo.

Claudio Fusaro e la Comunità di CL di Bolzano