In gita durante una vacanza di GS

Vacanze GS. L'occasione di guardare la Bellezza

Le convivenze estive di tante comunità di studenti in Italia e non solo. Tra domande e scoperte, ecco cosa raccontano i ragazzi

Questa è stata la mia prima vacanzina con Gioventù Studentesca. Io non provengo da un’educazione religiosa, sono andata perché invitata e sono partita con l’idea di andare ad ascoltare. Sinceramente non pensavo che questa esperienza mi avrebbe coinvolta a un livello così profondo e personale.
Mi sono chiesta: perché mi sento così vicina a queste persone, a quello che dicono, se le nostre esperienze sono tanto diverse? Forse perché le domande sono stesse.
Sono al mondo da relativamente poco e sentire di qualcuno che è riuscito rispondere, anche solo in parte, a delle domande che forse razionalmente non mi pongo nemmeno, ma che sento molto forti dentro di me, mi è di ispirazione.
Non importa che condivida o meno le loro risposte, il fatto che le abbiano trovate di per sé vuol dire che ci sono delle vie possibili, che vale la pena riflettere su questi temi, che non sono cose troppo astratte e che ragionare sul significato delle cose non è mai uno spreco di tempo.
Amelia, Novara


Il titolo della vacanza di Gioventù Studentesca era: “Siate realisti: domandate l’impossibile”. Una frase semplice, ma che riassume in sé tantissimo. La fine della scuola per me è stato l’inizio di un grande vuoto che non riuscivo a colmare e speravo che ci sarei riuscita appena fossi partita. Il problema era che io vedevo questi giorni come una distrazione dalla mia quotidianità, ma è stato tutt’altro perché la realtà mi è stata sbattuta in faccia. Ogni giorno c’era un momento in cui ascoltavamo dei pezzi del podcast “Il senso religioso” in cui don Giussani ripercorreva il primo capitolo del suo libro. Mi ha particolarmente colpito l’audio del secondo giorno, che alcuni amici organizzatori di questi momenti di ascolto hanno intitolato: “Provare e fare esperienza”. In questa parte, don Giussani separa il «provare qualcosa» dall’esperienza dove c’è un paragone con un ideale perché «l’esperienza è un provare che assurge a dignità umana proprio perché è diventata un giudizio». Queste parole mi sono rimaste impresse nella mente. Dopo, siamo andati in gita e tra la prima e la seconda tappa ci è stato chiesto di tenere un momento di silenzio, di riflessione. Al lato del sentiero c’erano tantissimi fiori di diversi colori e specie. La mia reazione istantanea è stata: «Che belli!», ma siccome volevo mantenere il silenzio non l’ho detto. Andando avanti, però, ho iniziato ad andare a fondo della mia esclamazione e mi sono guardata intorno. Mi sono accorta che quel «Che belli!» è diventato molto di più, è diventato gratitudine, è diventato un giudizio. Quei fiori erano una bellezza che ci era stata data, qualcosa di più grande che comunque “inglobava” noi che eravamo insieme a camminare, cioè persone con lo stesso desiderio. Ci era stata offerta l’occasione di guardare questa meraviglia e di ricordarci che la realtà è molto più grande di quello che pensiamo e che anche nei momenti di fatica ci richiama alla bellezza. La sera, ripensando alla domanda: «Come la giornata di oggi non è stato un provare qualcosa, ma una vera e proprio esperienza?», mi è subito venuto in mente l’episodio dei fiori e sono rimasta felicemente sorpresa di come io abbia trovato la risposta in una cosa che potrebbe sembrare banale, ma che, in realtà, contiene molto di più.
Valentina, Milano