I giovani di CL alla GMG (Foto: Federica Annoni)

GMG. Chiamati per nome

Giovanni è l’unico del suo gruppo di GS a partire per Lisbona. Gli incontri, le parole del Papa, le preghiere alla Vergine. «Dio ha il volto di chi cammina con me»

Prima di partire per la GMG sapevo già di essere l'unico della mia comunità ed ero certo che avrei incontrato solo un paio di amici alla partenza. Poi è capitata una sorpresa.
Pochi giorni prima della partenza mi chiama don Luca De Chiara, un prete della San Carlo per avvisarmi che sarebbe partito anche lui da Torino per andare a Milano, dov'era il ritrovo dei pullman.
Da quel momento non sono stato più solo.
Appena arrivato a Milano sono stato introdotto agli altri preti, che poi ho scoperto ci avrebbero guidato in questi giorni. Da lì in poi è stato un susseguirsi di incontri e così sono riuscito ad entrare in rapporto con moltissime persone con le quali, altrimenti, non sarei mai riuscito a parlare. Mi accorgevo che anche nei pochi momenti in cui ero in silenzio, quando normalmente sarei stato a disagio, non provavo noia o tristezza, perché sentivo un senso di comunione con gli altri come se ci conoscessimo da una vita perché guardavano alla stessa cosa a cui guardavo io, si muovevano per la stessa cosa.

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Come ha ripetuto il Papa durante i giorni della GMG mi "sono sentito chiamare per nome", iniziavo ad essere una cosa sola con quelli che avevo intorno. Dio non solo chiamava me per nome, ma anche Lui aveva un nome e un volto: quello di tutte le persone che mi accompagnavano nel cammino.
"Dio che si rivela investe totalmente la vita dell'uomo, dandogli l'esatto significato del rapporto con Lui, con gli altri e con sé stesso [...]" (I Criteri della Vocazione, Luigi Giussani, "La vocazione della vita", 1971)
Nei momenti di preghiera e di canto, dove mi sentivo insignificante in mezzo a così tanta gente, perché la mia sola voce non sarebbe bastata, mi sono accorto che la grandezza della mia voce stava nell'unione con quella di tutti gli altri, grazie alla comunione tra di noi.
La cosa che ha favorito tutto questo è stata, oltre a precisi gesti che ogni giorno ci venivano proposti (lodi, assemblee, messe), la modalità del cammino insieme (anche letteralmente): ogni giorno, nella compagnia, prendevamo consapevolezza di ciò che accadeva e tutto era importante, anche la fatica e gli stati d’animo perché erano in funzione della letizia del gesto.
Fin dai primi istanti, in quel parcheggio di Milano, avevo intuito la bellezza del gesto che stavamo per fare. E con me anche tutti quelli che incontravamo nel cammino, sia che fossero passanti sia che fossero persone che partecipavano alla GMG. Erano felici di vederci, ci salutavano, capivano che ci muovevamo per qualcosa che era molto più grande di noi. Più volte mi sono commosso, come a Lourdes durante la fiaccolata, all’adorazione eucaristica (eravamo 1 milione e mezzo inginocchiati ed in silenzio), ma soprattutto a Fatima, quando dopo l’ultimo grande cammino ci siamo inginocchiati nel centro della piazza del Santuario: non sentivamo neanche più i muscoli affaticati e il dolore della pelle che toccava il terreno rovente, eravamo pieni di letizia e di gratitudine per tutto quello che ci era stato dato e per quello che avevamo vissuto.
Ho avuto la completa consapevolezza di aver ricevuto questo dono quando, il giorno prima di ripartire per Milano, siamo passati ancora una volta da Lourdes. Lì abbiamo fatto l’ultima assemblea e l’ultima serata (hanno fatto dei frizzi magnifici!), dopo la quale, con alcuni, siamo andati di nuovo alla grotta dell’apparizione a ringraziare la Madonna per non averci mai abbandonato durante tutti i giorni insieme.

Giovanni, Torino