Giorgio e Anna al termine della messa per il loro cinquantesimo di matrimonio, il 16 settembre

Ciò che dà consistenza alla vita

Cinquant'anni di matrimonio, la malattia del marito, una crisi economica. E la presenza di Gesù, che diventa indispensabile «come il respiro». Un amico ha inviato a Prosperi la lettera di sua madre

Caro Davide, condivido con te un fatto di questi ultimi giorni che mi ha molto sorpreso. Da qualche anno, mio babbo, Giorgio, è affetto da Alzheimer. Forse anche per il fatto che è “giovane” (tra un mese compie 74 anni) la malattia in questi anni ha corso velocemente e da tempo non proferisce parola, solo qualche sillaba ogni tanto. Inoltre si è presentata al termine di un percorso complesso che ha visto prima il concordato poi il fallimento dell’azienda di famiglia, fondata dal nonno negli anni Cinquanta.
Il 16 settembre i miei hanno festeggiato i 50 anni di matrimonio e mia mamma Anna ha tenuto particolarmente ad invitare tutti gli amici del movimento, la sua vita. È intervenuta commovendo tutti, poi ha inviato a Ciccio, caro amico, queste righe di ringraziamento in vista della Giornata di inizio anno.

«La malattia di mio marito è stata diagnosticata nel mezzo di una crisi economica molto forte che da lì a poco ci ha lasciato senza nulla, compresa la casa. In quella circostanza abbiamo fatto una reale esperienza che il nostro valore non è nelle cose che si possiedono. Ma Gesù aveva in serbo per noi una grazia ancora più grande: voleva portarci ancora più a fondo nella sua preferenza e così ci ha condotto a verificare che il nostro valore non è nemmeno nelle nostre capacità. Anche perdendole tutte, nel tempo, rimane qualcosa che è indistruttibile e che riguarda il fondo del nostro essere.
Siamo amati di un amore gratuito che ci dà la vita in ogni momento proprio per farci capire quanto siamo amati. Ecco, guardando mio marito - che non comunica e ha bisogno di tutto -, prendendomi cura di lui è chiaro che sono immersa in un Mistero così evidente e cioè che lui consiste in Gesù che lo ama ora.
Questa evidenza mi commuove e mi fa vivere il rapporto con lui in grande semplicità e amorevolezza e pian piano anche io capisco che la mia consistenza sta solo in Gesù.
La sua malattia è una vertigine, non puoi acquisire sicurezza nel metodo di affronto che pone giorno dopo giorno, ora dopo ora, nelle problematiche diverse e di non facile comprensione immediata.
Ci si potrebbe perdere o disperare, invece mi sono ritrovata a fare tesoro delle parole di don Giussani che dice che le circostanze per cui il buon Dio ci fa passare sono essenziali per vivere la nostra vocazione, per vivere il rapporto con Gesù.
In questa circostanza Gesù è diventato più famigliare e la sua presenza mi è indispensabile come il respiro. Le mie paure diventano domanda a Lui; il mio smarrimento davanti a problemi nuovi diventa mendicanza a Lui, che mi indichi la strada da percorrere; quando mi sento triste lo invoco perché riempia il mio cuore di letizia. Lui mi risponde sempre, a volte dandomi pace altre facendo suonare il campanello di casa. E il campanello di casa nostra suona molto spesso, chi arriva non sa, non può immaginare, ma io lo so: è Lui che mi visita, che mi fa coraggio, che mi dà la certezza della sua preferenza.
Ecco, senza la fede, non potrei vivere una serenità che sgomenta a volte anche me, la serenità di chi si sente amato, preferito e portato e che allarga la mia ragione fino a farmi immaginare modi diversi di rispondere ai tanti bisogni di mio marito, affinché lui, che non dice quasi più una parola, se non “grazie” facendo un sorriso, si senta amato, curato, accolto in tutta la sua dignità con devozione.
C’è un’altra cosa che mi colpisce: ultimamente mi accorgo di non vivere la mia condizione come un’emergenza. Anche se è totalizzante come tempo, sono ancor di più interessata alla vita di chi incrocio: parenti e non. Ho seguito il Meeting, faccio i salti mortali per seguire i gesti del movimento, leggo la Scuola di comunità perché tutto mi aiuta a tenere desta la domanda su dove poggia la mia consistenza, consapevole sempre più che senza Gesù sono veramente un nulla».

In questi anni, mia mamma ha visto l’amicizia che ho con te e più volte mi ha chiesto di ringraziarti per la tua guida al movimento, a me così come a lei. Sono davvero grato di essere continuamente accompagnato e certo di una strada.
Emmanuele, Rimini