Encuentro Quito, Ecuador

Ecuador. L'ultima parola sulla realtà e sulla vita

Encuentro Quito 2023, un "piccolo meeting" dedicato alla pace nel Paese sudamericano, da mesi teatro di violenze e in un clima di insicurezza sociale

Quando il 15 ottobre 2022, in Piazza San Pietro, il Papa ci ha invitato ad accompagnarlo nella “profezia della pace”, non capivo fino in fondo cosa volesse dire per noi in Ecuador che in quel momento sentivamo un po’ lontana la guerra in Ucraina. A questo si è aggiunto, dopo l’Assemblea responsabili America Latina, il desiderio di imparare in cosa consiste il giudizio comunionale di cui aveva parlato Davide Prosperi. Proprio in quel periodo, da noi è scoppiata una situazione generale di violenza e insicurezza, come mai prima. Così con alcuni responsabili abbiamo scritto un volantino: “Che cosa ci permette di vivere senza paura e in pace?”. Finiva con queste parole: «Vogliamo contribuire a costruire luoghi di pace dove ogni uomo possa essere compreso fino nel più profondo, abbracciato e salvato». Il volantino è stato lo spunto per prendere sul serio l’idea, nata quasi per scherzo tra noi, di dar vita a Encuentro Quito, un “piccolo” Meeting con a tema la pace, a cui, tra l’altro, i Vescovi dell’Ecuador avevano dedicato il contenuto di una lettera, dove chiedevano «iniziative della società civile per costruire ponti di riconciliazione e di pace tra gli ecuadoriani».

Sei mesi di preparazione, in cui abbiamo identificato le persone che desideravamo incontrare. La sorpresa più grande per me è stata che, man mano che ci addentravamo nel lavoro, i temi e le persone da coinvolgere aumentavano sempre di più. Era una vita che stava esplodendo. Qualche settimana prima dell’evento, dialogando con alcuni relatori sull’educazione e sul senso religioso - con cui abbiamo aperto l’Encuentro, per definire e l’orizzonte in cui volevamo rimanere parlando di tutto - mi sono resa conto che il male e la violenza che in questi ultimi tempi si stavano respirando non erano l’ultima parola sulla realtà e la vita. Attraverso l’Encuentro, ho incontrato molta gente buona, che vuole costruire, lavorare, che ama la sua terra e non vuole lasciarla, come invece hanno fatto migliaia di ecuadoriani in quest’ultimo periodo. Questo mi ha dato speranza e persino fisicamente non ho avuto più la paura che mi aveva preso rientrando dall’Italia, dopo che avevano ucciso a pochi isolati da casa nostra un candidato presidenziale e che la situazione di insicurezza nel quartiere in cui lavoriamo era aumentata. Veramente quando uno è pieno di Cristo presente nella realtà è tutta un’altra storia.

I giorni dell’Encuentro sono stati, poi, un avvenimento: Vicente Albornoz, uno degli economisti più conosciuti nel Paese, tra i relatori, ha detto che erano anni che non partecipava ad un evento di questo tipo, dove a prevalere era il desiderio di dialogo dentro un clima costruttivo. Il giornalista Francisco Rocha presentando Il senso religioso, ha raccontato che leggendolo era tornato al senso del “noi” della sua giovinezza. A cena, ci ha confessato che quel libro gli aveva ridonato la nostalgia di Dio e della religione e con le lacrime agli occhi ci ha domandato: «Perché la vita ci porta a perdere le cose importanti?». Il fattore, comunque, più impressionante per me è stato vedere il coinvolgimento di molti giovani e genitori dell’opera educativa in cui lavoro. Persone umili, con poche opportunità persino di uscire dal quartiere in cui vivono, si sono trovate in una delle Università più moderne e prestigiose della capitale. I giovani hanno aiutato nel servizio d’ordine, hanno parlato con ministri e ambasciatori, e hanno tenuto un incontro con XXL 593, famoso cantante rap che loro stessi avevano invitato. A Quito la società è molto divisa e le classi sociali sono marcate; nell’Encuentro, al contrario, c’era unità, familiarità, fraternità per il desiderio di vivere e costruire, un desiderio - era evidente durante le due giornate - che solo Cristo presente in una compagnia può riempire e compiere.

LEGGI ANCHE - Milano. «Chiamati per nome»

Ringrazio Davide per il cammino di quest’anno, senza del quale non sarebbe potuto accadere un gesto così completo come cultura, missione e carità, capace di valorizzare tutti e tutto, generatore di comunione tra noi e con il mondo. Dopo averci fatto sperimentare la gioia di comunicare a tutti ciò che abbiamo incontrato, adesso sono in attesa di quello che il Signore vorrà donarci.
Stefania, Quito (Ecuador)