I giochi alla Giornata d'inizio anno della "Grande Compagnia"

Quando il cuore è come un bicchiere

Prima un grande gioco in centro a Cremona. Quindi, la testimonianza di un missionario della San Carlo. E molto altro. Il racconto della Giornata di inizio anno dei ragazzi della "Grande Compagnia"

Domenica 29 ottobre: il cielo è coperto e scende una lieve pioggerellina, ma l’aria che si respira in piazza Stradivari a Cremona è tutt’altro che uggiosa. C’è un’atmosfera di festa e di gioia, sono le voci dei ragazzi della Grande Compagnia (l’esperienza cristiana per i ragazzi delle medie, ndr) che cantano accompagnati dal suono inconfondibile della tromba di Giovanni. Sono più di cento arrivati da diverse città: Brescia, Bergamo, Treviglio, Novara, Piacenza, Cremona, entusiasti di rispondere all’invito degli adulti per incominciare il cammino del nuovo anno dal titolo “Chiamati per nome”. Da subito si entra nel vivo del tema con una grande sfida: quattro squadre si affrontano per una mega “bandiera”, in palio c’è la conquista di mattoni per costruire il Torrazzo, celebre monumento di Cremona. I ragazzi si buttano a capofitto nel gioco, non temono di scivolare né di cadere, gli squilli della tromba annunciano la chiamata dei numeri. Al termine, tutte le squadre uniscono i mattoni conquistati e mattone su mattone viene su il Torrazzo! Intorno a noi, famiglie, turisti e passanti incuriositi si fermano e osservano stupiti questa compagnia di adulti e ragazzi, che incita, urla, canta, gioisce, balla…

La Grande Compagnia si trasferisce quindi nel salone della scuola Sacra Famiglia dove ad attenderci c’è don Luca Montini, giovane prete della Fraternità San Carlo che racconta la sua storia «un po’ cruda, ma so che voi siete ragazzi in gamba in grado di ascoltarla». Mentre era in missione a Nairobi, ha avuto un grave incidente in moto in cui ha rischiato di morire, ma per una serie di incontri che gli hanno fatto toccare con mano la compagnia del Signore, si è salvato, tuttavia gli è stata amputata una gamba e oggi può muoversi con una protesi. Da questa esperienza, don Luca ha imparato due cose che desidera condividere con i ragazzi: la prima è che Dio ci risponde sempre, ci dà sempre di più di quello che abbiamo in mente. Occorre fidarci, perché è un Padre buono che ama i suoi figli. Don Luca sognava di restare in Africa e lavorare nell’ospedale, e invece ora vive a Brescia e insegna religione: «Vado a scuola e sono molto contento» dice. La seconda cosa che ci consegna è questa: Dio ci dona degli amici per farsi vicino a noi e mostrarci la sua bontà. Don Luca racconta che nel periodo in cui era in ospedale in Italia c’era il Covid, nessuno poteva andare a trovarlo, ma lui non si è sentito solo perché c’era un pediatra che tutte le mattine gli portava cornetto e cappuccino per fare colazione insieme. E così tanti altri esempi della compagnia che il Signore gli ha fatto mettendogli sempre al fianco degli amici nei momenti più difficili. Per concludere don Luca chiede ai ragazzi di rispondere a una sua domanda: chi è il missionario? I ragazzi reagiscono: «Uno che va in un Paese povero ad aiutare», «Uno che porta Gesù dove non c’è», «Uno che va in giro a dire che Dio ci vuole bene»... Ma don Luca sorprende tutti: prende una bottiglia piena e incomincia a versare acqua in un bicchiere finché l’acqua fuoriesce e bagna il pavimento. «Ecco il nostro cuore è come questo bicchiere, che aspetta di essere riempito da Dio. L’acqua è Dio, se ci lasciamo riempire da Lui poi l’acqua arriva dappertutto. Il missionario è una persona che si fa riempire il cuore da Dio».

Dopo pranzo, è stata la band dei giessini con canti e balli a scaldare nuovamente gli animi. E poi grandi giochi in palestra: la staffetta, a prova di atleta, con partenza solo se chiamati per nome e il gioco del castellone. Con la stessa serietà con cui hanno ascoltato don Luca, i ragazzi partecipano ai giochi dando tutto se stessi, anche solo guardarli è uno spettacolo che riempie il cuore di gratitudine. Addirittura c’è chi è riuscito a fare la capriola con grande agilità, sotto gli occhi increduli delle amiche, perché a scuola invece si «pianta sempre con la testa».

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Nella messa celebrata in palestra, spiccano i cartelloni con scritti i nomi dei ragazzi, don Marco durante l’omelia dice: «Siete chiamati per nome, ora! Adesso tocca a voi decidere cosa rispondere a questa chiamata». Fuori la pioggia cade sempre più copiosa, ma non riesce a spegnere quella fiamma che la giornata ha riacceso nel cuore: la certezza «che mi hai detto che mi sei amico, prezioso agli occhi tuoi perché hai preferito me».
Margherita, Piacenza