Un momento de "Il viaggio coi Magi" a Rimini il 6 gennaio

Rimini. «Il mio viaggio con i Magi»

Hasan, Alessia, Otello, Raymond, Peace... Nel racconto di Dodi, le decine di facce che hanno animato la sacra rappresentazione nella città romagnola all'Epifania

«Qual è la cosa più importante nella mia vita? È questo uomo…». Iniziava così il Volantone di Natale di CL. Che grande verità! Ma che stupore commosso nasce quando ti accorgi che a questo Uomo interessi proprio tu! E che spettacolo vedi accadere da questo Suo interesse per te. In questo tempo di Natale, Gesù mi ha proprio regalato di accorgermi di questo e di vederlo accadere. Quest’anno anno sono andata in pensione e, con i miei genitori anziani da seguire, ho vissuto un po’ nel “nascondimento”. È nel mio “monastero”, dove resta vivo lo struggimento per il mondo. «Il mondo lo salva Gesù», mi ha detto in un dialogo il mio amico don Gianni: «Tu continua a dire il tuo Sì dentro la tua quotidianità». E così ho fatto, custodendo questo struggimento.

Poi accade, come ogni anno, che aiuto nell’organizzazione del presepe vivente a Miramare. Lì, nel pieno del suo svolgersi, avevo come compito quello di prendere il Gesù di gesso e consegnarlo a Giampiero Pizzol, che in quell’occasione interpretava sant’Antonio negli 800 anni del suo passaggio a Rimini. Questa consegna è stata un gesto che nessuno ha visto, ma in quel tu per tu con Gesù in braccio, ho avuto un sussulto: «Ecco, a Gesù basta che io lo tenga in braccio, a Lui basta questo. Il resto lo compie Lui». Con questo sussulto che ho consegnato Gesù Bambino a chi poi Lo avrebbe fatto vedere a tutti. Un sussulto che mi sono portata nel cuore da quel giorno.

Accade poi che mi arriva una telefonata di Otello Cenci, regista che dirige “Made Officina Creativa”: «Il Sindaco e il Vescovo di Rimini mi hanno chiesto di preparare un evento per il 6 gennaio per l’arrivo dei Re Magi. Ci stai? Tu con gli amici del presepe vivente». Ho detto subito sì, mettendo a disposizione tutti i rapporti intessuti in questi anni di presepe, fino alle pecore, all’asino e al bue.



Coinvolgiamo Raymond, congolese dell’Associazione Culturale Elikya incontrato grazie a Giorgio Paolucci, il quale, con l’entusiasmo che lo contraddistingue, anima la piazza Cavour con canti e balli delle varie comunità etniche presenti nel riminese. Mi dirà poi: «Il mondo ha bisogno di questi segni di speranza. Io sono venuto qui con voi perché ho bisogno di questa speranza».

Mentre Otello continua ad intessere un evento che abbraccia sempre più tutta la città, sia come istituzioni che come associazioni, io lascio che i rapporti che mi accadono diventino i protagonisti de “Il viaggio coi Magi”. Attraverso suor Rosy della Caritas diocesana, conosco Jamel, tunisino che sta facendo il cammino per ricevere il battesimo la notte di Pasqua. A lui propongo di fare il servo del re Erode, raccontandogli chi è.

Incontriamo in quei giorni, con Valeria Collina (madre del terrorista dell’attentato al London Bridge nel giugno 2017, ndr) che racconta di sé, le giovani ospiti della comunità educativa “Il Segno”, quasi tutte di religione mussulmana. È un momento carico di domande e di tante ferite che ciascuno si porta dentro. Al termine, propongo di partecipare al gesto del 6 gennaio. In dieci accettano: provengono da Bangladesh, Pakistan, Cina, Albania, tutte vestite da pastorelle che attendono con curiosità l’arrivo dei Re Magi, di cui non conoscevano neppure l’esistenza.

E a chi far fare i Re Magi? A casa mia, diventata negli ultimi anni associazione, ospito alcuni cosiddetti “profughi”. Lo propongo a Peace, nigeriano, e ad Hasan, del Bangladesh. Ci mancano i loro “servi”. Alessandra e Fabio, due capi scout che allestiranno con tanti altri il bivacco dei pastori, mi parlano di Gabriele, che lavora in Caritas con i migranti. Così conosciamo Halim, del Bangladesh, e Moustapha, Burkina Faso.

Mi era stato dato anche il compito particolare di seguire il bivacco dei pastori. Lo propongo ad alcune famiglie amiche, che a loro volta invitano altre famiglie. La mia casa, dove tutti sono in qualche modo coinvolti, diventa un centro di smistamento di costumi per i pastori.

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Il 6 gennaio, con il cielo che tratteneva la pioggia ampiamente prevista, siamo migliaia ad attendere i Re Magi al Ponte di Tiberio. Li vediamo arrivare sulle loro barche attraverso le tre arcate centrali del ponte. Mi emoziono pensando che Peace e Hasan sono sbarcati in Italia dai loro barconi così carichi di dolore, di storia, di bisogni, soprattutto quello di essere felici: ora, insieme ad Andrea, vanno alla ricerca di un Re che disseti la loro e la nostra sete di felicità, di compimento.

Anche noi ci mettiamo in viaggio, seguendo loro prima a cavallo e poi a spalla su delle portantine, per le strade del centro di Rimini tra tamburi e gente in festa. C’è una bellezza contagiosa, per cui tutti si sentivano attratti e trascinati. In quei tre Re Magi così diversi tra loro, imponenti in mezzo alle nostre strade, è rappresentata l’imponenza del nostro cuore che ha sete, oggi più che mai, di verità, di bellezza, di giustizia, di pace. Anche noi, con loro, seguiamo la stella fino ad arrivare alla capanna, allestita fuori dal Duomo, dove ci attendono gli angeli con Alessia, una ragazza della Nigeria, e Federico con il suo bimbo di due mesi. A loro il compito di essere la Sacra Famiglia.

Al termine del cammino, i Re Magi hanno trovato un altro Re e si sono misteriosamente inginocchiati. Anche noi Lo abbiamo adorato, stando lì di fronte a Lui, disarmati e commossi, ciascuno con la propria storia e le proprie domande. Ognuno poi, come i Magi, è tornato nella propria casa, per strade diverse ma con negli occhi e nel cuore quel viaggio e quel Bambino che, con discrezione potente, continua a dire a ciascuno: «Non ti ho lasciato solo. Io ci sono, sono vivo, presente, per te, perché tu possa essere felice».
Dodi, Rimini