Il ponte di Tiberio nei giorni dell'alluvione (Foto: ANSA)

Rimini. Una storia di sussidiarietà

Non è un caso se la città di Fellini è stata risparmiata dall'alluvione. Tutto inizia nel 2008 con la nascita di un forum realtà sociali che lavora per disegnare il futuro della città. Poi un alleanza con il Comune e le imprese. Ecco come è andata
Stefano Filippi

Questa è una storia di sussidiarietà che emerge dal fango dell’alluvione in Romagna. La storia, in realtà, è quella di un mare di fango evitato: quello che non ha toccato Rimini. Il perché lo spiega il professor Stefano Zamagni, uno dei teorici del terzo settore in Italia. «Nel 2008», racconta, «ha preso vita un forum di associazioni. I loro rappresentanti negli anni successivi hanno lavorato gratis per disegnare il futuro della città su diversi aspetti. Ne è nato un piano strategico le cui linee di fondo furono presentate in Consiglio comunale dall’allora vescovo Francesco Lambiasi, a testimonianza del coinvolgimento della comunità cristiana per il bene di tutti. Il Consiglio lo votò all’unanimità. Tra le proposte di programmazione condivisa, c’era anche la messa in sicurezza dei corsi d’acqua con il rifacimento delle fognature. Un canale è stato tombato, il Marecchia è stato regimentato, sono stati creati bacini di espansione che all’occorrenza scaricano in mare aperto. E quando è arrivata l’alluvione di maggio Rimini non si è allagata».

La città di Fellini salvata dalle acque grazie al dialogo e alla collaborazione tra le associazioni e le istituzioni: una bella lezione per chi teorizza che lo Stato deve provvedere a tutto. Ma anche a chi sostiene che non è possibile prevenire certi eventi eccezionali. «Quel lavoro propose una serie di interventi, articolati in cinque grandi settori: turismo, innovazione, attrattività urbana, mobilità urbana, ricomposizione territoriale. Tra queste grandi opere per la città, l’amministrazione comunale di allora scelse di attuarne tre», chiarisce Sandro Ricci, che partecipò ai lavori iniziali dell’associazione Forum Rimini Venture come rappresentante del Meeting di Rimini, di cui era direttore generale. Il Meeting era una delle 70 realtà no profit che aderirono al Forum assieme – tra le altre – a Cdo, Fondazione Karis, Umana dimora, Centro di solidarietà. Prosegue Ricci: «Le tre opere erano il nuovo lungomare da Torre Pedrera a Riccione, la sistemazione di alcune piazze del centro storico e appunto la rete fognaria, caratterizzata da un enorme serbatoio sotterraneo dove confluiscono le acque da depurare. Sono state sfruttate anche le opere idrauliche degli anni Trenta con il canale deviatore del Marecchia».

Così Rimini, attraversata da tre corsi d’acqua, è stata risparmiata, a differenza di Sant’Arcangelo di Romagna e di Riccione che pure sono distanti una manciata di chilometri. «Bisogna coinvolgere i cittadini, rivitalizzare i circuiti delle comunità», sottolinea Zamagni, «fare lavorare assieme le istituzioni e la gente. Io la chiamo sussidiarietà circolare, dove cioè le decisioni vengono prese assieme. A volte si crede che la sussidiarietà sia delegare. La società civile che fa presenti le proprie esigenze all’ente pubblico che provvede; l’ente pubblico che coinvolge i rappresentanti dei cittadini su decisioni già prese; l’uno che interviene soltanto dove non arriva l’altro. No, è molto di più: i tre vertici del triangolo sussidiario – cioè ente pubblico, imprese private e terzo settore – interagiscono in condizioni di parità. È un contributo fondamentale al bene comune e la dimostrazione che i problemi si possono risolvere lavorando assieme e giocando d’anticipo». È stato anche un modo per prendersi cura concretamente della “casa comune”. La manutenzione del territorio in cui si vive non è prerogativa soltanto della “transizione ecologica”. Il fosso, l’argine, il terreno… Vanno curati periodicamente per il benessere di tutti, e non perché qualche istituzione impone un nuovo regolamento.

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È quanto è successo a Rimini. Prima è sorta l’idea dell’impegno comune, poi è nata l’associazione Forum Rimini Venture, quindi è stata istituita l’Agenzia piano strategico, società che ha assunto i compiti operativi. Negli ultimi mesi questo rapporto paritetico è stato sancito dalla creazione di una Fondazione, che salda l’esperienza del Comitato promotore (per la parte pubblica) e del Forum Rimini Venture, espressione del Terzo settore. Le realtà che hanno dialogato per anni si sono date una struttura unitaria per consolidare la collaborazione. Uno dei tre consiglieri di amministrazione di tale Fondazione è Emmanuele Forlani, direttore della Fondazione Meeting. «In Italia non ci sono esperienze paragonabili a questa», spiega, «qui si opera assieme, non perché il pubblico decide di coinvolgere il privato consegnandogli un pacchetto chiuso di cose da fare. È una condivisione continua, che non avviene in due tempi: prima uno decide e poi lo comunica all’altro. Questo nuovo soggetto giuridico rilancia un lavoro unitario, al quale nei prossimi mesi si uniranno Comune, Camera di commercio e forse anche la Regione Emilia-Romagna. Di recente il nuovo vescovo di Rimini ha voluto incontrarci: monsignor Nicolò Anselmi era interessato a capire la dinamica partecipativa in atto e ha detto che è “l’unica modalità valida” con cui pubblico e privato possono collaborare per il bene comune».