Il Meeting si svolgerà dal 20 al 25 agosto (foto Archivio Meeting)

Verso il Meeting. L'amicizia irradia il mondo

È un fatto che investe tutta l’esistenza. «L’amicizia è un dono di Dio che ci precede, per questo è inesauribile. E ha un impatto culturale molto forte». Intervista al presidente Bernhard Scholz, che presenta il tema dell'edizione numero 44 (da "Tracce")
Davide Perillo

«L’origine è il centenario di don Giussani. La passione umana che ci ha comunicato è stata fonte di amicizia, ha generato rapporti che viviamo tuttora. E sono amicizie che si allargano, danno vita ad altri legami. Ecco, noi vorremmo andare al fondo di questa esperienza. Capire meglio come la passione di Dio verso l’uomo, attraverso i suoi testimoni, generi questa forma di amicizia, di cui oggi c’è un grande bisogno». Bernhard Scholz, presidente della Fondazione Meeting di Rimini, quando deve spiegare il titolo della prossima edizione (20-25 agosto) parte da lì, dalla radice. Da ciò che rende possibile quella frase del fondatore di CL scelta come filo conduttore della kermesse: “L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile”. Dove a sorprendere di più è proprio l’aggettivo finale: perché e come può essere inesauribile? «La parola “amicizia” ha un fascino imponente, da sempre: da Aristotele a Cicerone, l’ha celebrata tutta l’antichità», osserva Scholz: «Ma ne parlavano, in fondo, come di un impegno morale. Questo titolo dice una cosa diversa: già in quanto esistiamo siamo investiti da un’amicizia che ci precede, ci alimenta, vuole allargarsi e coinvolgere sempre più il mondo».

In che senso l’esistenza stessa è amicizia?
L’amicizia è anzitutto Dio che si è reso amico nostro. E vuole che rispondiamo, desidera che questa amicizia – che nasce da Lui e porta a Lui – diventi un legame di reciprocità tra gli uomini. Non possiamo scindere le due cose: la fonte dell’amicizia vera tra gli uomini è l’amicizia con Dio. Accorgersi di questo ha un impatto culturale molto forte.

Perché?
Che Dio ci dica «non vi chiamo più servi, ma amici» è una rivoluzione: una libertà e una tenerezza senza paragoni. Pensa anche quante culture hanno come centro, giustamente, la famiglia, i legami di sangue. È una cosa importantissima. Ma questa amicizia portata da Dio va oltre, valorizza anche i legami familiari, ma li supera, si rivolge a tutti e unisce tutti. Al Meeting abbiamo voluto cercare persone che testimoniano questo tipo di rapporti.

Il Meeting l’amicizia ce l’ha nel dna: è nato da un gruppo di amici che volevano mettere in comune la loro esperienza di fede. Come ti interroga questa dinamica oggi?
È vero, è nato da un’amicizia, più di quarant’anni fa. E ancora oggi sarebbe inimmaginabile senza: il Meeting nasce ogni anno da una rete di amicizie. Tutte le iniziative, dalle mostre ai convegni, dagli spettacoli alla ristorazione vengono da lì, da trame di rapporti. Il fatto di avere l’amicizia nel dna, come dici tu, ci spinge a essere sempre più autentici nel viverla. È il contrario di una compagnoneria: è sfidarsi a vicenda ad andare fino in fondo alle questioni, a cercare la cosa più bella, la soluzione più vera e adeguata.

La parola è anche nella vostra ragione sociale: si chiama «Meeting per l’amicizia fra i popoli». Fino a qualche tempo fa poteva sembrare una formula un po’ datata, legata al contesto degli anni Ottanta: forse oggi ci rendiamo conto di quanto sia attuale…
Guarda, io credo che in realtà sia un po’ una profezia. Dice a un mondo pieno di solitudine e violenza, come quello di oggi, che è possibile vivere diversamente. Si possono vivere i rapporti con un profondo rispetto per l’altro e, al tempo stesso, con una tensione reale al vero, mio e dell’altro.

Che differenza c’è tra amicizia e dialogo?
Il dialogo è essenza della vita: la preghiera, il lavoro, sono un dialogo con Dio e con il mondo. Ma direi che l’amicizia, in un certo senso, è la forma affettivamente espressiva di questo dialogo. Io sono dialogo con l’altro: ma se lo vivo in amicizia, gli do il vero significato, una vera espressione anche affettiva. Potrei viverlo anche in maniera asettica, distanziata. E invece l’amicizia è un’altra cosa. Tanto è vero che molti dialoghi che nascono al Meeting diventano poi legami duraturi. E in essi si approfondisce anche il dialogo, perché si incominciano a toccare temi che altrimenti non toccheresti.



In che senso?
Al Meeting possiamo porre domande che raggiungono la persona come soggetto. Se parliamo di economia, per esempio, parliamo soprattutto delle persone che creano economia: con quali criteri, valori, speranza lo fanno? Oppure: se parliamo di politica, vogliamo capire qual è il soggetto che fa politica. E così via. Qui, di solito, uno entra e si sente subito accolto, non ha bisogno di difendere niente. E questo porta a implicarsi nei dialoghi a livelli che altrimenti sarebbe difficile raggiungere.

C’è un altro fattore che sembra di intuire dal titolo: l’amicizia “succede”, ma al tempo stesso appartiene alla nostra natura, “siamo” amicizia. Che cosa cambia quando ce ne rendiamo conto?
È vero, l’amicizia succede. Ma mentre succede, mi rendo conto che è un dono. Perché io non faccio l’amicizia: la accolgo come un regalo, con gratitudine. E come qualcosa che mi responsabilizza. Questo ci porta a scoprire la nostra stessa vita come dono. Il fatto che io sono dato e l’altro mi è dato porta alla grande domanda: chi? Chi mi ha dato me stesso e chi mi ha dato l’altro? È lì che si arriva all’amicizia inesauribile. Perché si capisce che è la fonte stessa a essere inesauribile. Il rapporto, in sé, non lo è: ma ciò che lo fa essere, sì. Altrimenti uno finisce per illudersi di poter pescare sempre dalle proprie capacità relazionali… No: nell’amicizia c’è qualcosa che viene prima, mi precede. Capire che io stesso, come l’altro, sono “dato”, apre orizzonti veramente infiniti.

Come verrà declinato in questo Meeting?
Per esempio nello spettacolo inaugurale, Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, di Eric-Emmanuel Schmitt. Racconta l’amicizia fra un vecchio arabo e un giovane ebreo e ci dice che, quando c’è un rapporto di profondo affetto reciproco, la vita comincia a fiorire e si possono superare anche le barriere culturali. Poi, per restare agli spettacoli, ci sono le Maddalene di Giovanni Testori. Le Maddalene sono un approccio genuino, direi geniale, proprio a quell’amicizia che Dio stabilisce con l’uomo. È un abbraccio, sempre e comunque, in qualsiasi condizione. La stessa amicizia di Testori con don Giussani è stata una grande testimonianza, da riscoprire. Renderemo presente anche Dorothy Day, il beato José Gregorio Hernandez del Venezuela e altre persone del passato e del presente che hanno vissuto o vivono un’amicizia contagiosa per tanti.

Altri filoni, tra mostre e incontri?
Un tema importante sarà il lavoro, soprattutto come lo si vive. Le cose cambiano completamente se lo vivo in modo relazionale o individualistico, come vocazione o come obbligo. Se il lavoro è espressione di un’amicizia, diventa veramente un contributo al bene della società. Se l’amicizia è vissuta in maniera autentica anche da pochi, tende di per sé a diventare un’amicizia sociale. È il grande tema di papa Francesco. Ne parleremo anche rispetto alle nostre città, con una mostra e degli incontri: l’urbanistica non è neutra, o aiuta o ostacola la relazione.

E la scienza?
Ci sono mostre e incontri sul rapporto uomo-natura. È un altro tema fondamentale: mi concepisco in relazione con una natura che mi è stata affidata oppure mi immagino come un padrone che ha tutto a propria disposizione? Ma in tutti questi temi scopriamo che c’è un punto di approdo ancora più profondo.

Quale?
Sono problemi di una complessità tale per cui nessuno riesce ad affrontarli da solo: è la portata stessa delle sfide che ci chiede di lavorare insieme. Ma non si può farlo senza avere uno scopo comune. La condivisione degli orizzonti nei quali vogliamo imbatterci sarà uno dei cardini del Meeting. Mettersi insieme “per”, è una prospettiva fondamentale. Vuol dire superare le contrapposizioni sterili per dire: ma che cosa ci interessa veramente?

Hai già parlato di politica senza parlarne…
Vero. Ma avremo tanti ospiti a discutere anche di quello. Pensa al tema dell’Europa: l’anno prossimo si vota, bene. Ma che cosa ci tiene insieme? Poi, metteremo a tema il futuro della democrazia. Se non è vissuta come una relazione, se non poggia sul fatto che ognuno – vivendo – contribuisce al bene di tutti, la democrazia diventa sempre più fragile. E nascono gli autoritarismi, che purtroppo vediamo affacciarsi sempre di più.

In questo quadro, cosa vuol dire portare avanti «la profezia per la pace», come ci chiede Francesco?
Anzitutto, testimoniare che è possibile dialogare anche se si appartiene a culture o posizioni diverse. Certo, la pace è un dono. Ed è qualcosa che non si può “fare” a prescindere dalle persone coinvolte, soprattutto in tempi di guerre così atroci. Mi riferisco all’Ucraina, ma non solo: al Meeting, per esempio, parleremo molto di Africa, dove ci sono conflitti di una brutalità inaudita… La violenza non è mai stata la soluzione. Chiaro, ci si deve difendere dalla violenza e dall’aggressione. Ma i conflitti si superano solo nel rispetto dell’altro che cresce tramite l’incontro, l’educazione e la testimonianza.

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Ci sono rapporti che hai visto nascere in questi anni e che esemplificano meglio quello che stai raccontando?
Per esempio, certe amicizie nate con il mondo musulmano. Il legame con alcuni esponenti si è molto approfondito. Penso a Muhammad Al-Issa, il leader della Lega Musulmana Mondiale, che mi ha invitato all’R20, il summit delle religioni a Bali, o ai dirigenti del Salone del libro di Sharjah. Ma penso anche a diversi autori o scienziati che, dopo essere stati al Meeting una prima volta, tornano perché si è aperto un rapporto. Non da ultimo, ci sono tanti partner che non solo sostengono il Meeting, ma ne sono diventati amici e contribuiscono a costruire mostre, incontri. Lo fanno perché sono affezionati e si affezionano. E spesso, tra l’altro, diventano anche amici tra di loro.