L'aiuto allo studio dell'Associazione Cappuccini di Catania

«Questa periferia? Il posto più bello»

Al quartiere Cappuccini di Catania, la città da record per la dispersione scolastica, la storia di chi prova a combattere le statistiche con un centro di aiuto allo studio. Ma non solo. Un'esperienza contagiosa che mette in moto giovani e meno giovani
Giuseppe Russo

Catania, è il primo pomeriggio di un martedì di fine novembre. Gessica, universitaria fuorisede che alloggia al Camplus d’Aragona, è diretta in via Raciti nel quartiere Cappuccini. Qui, nella Casa della Carità dell’Arcidiocesi convivono diverse realtà come il Centro diocesano per la tutela dei minori, l’Agesci, il Centro Astalli e l’associazione Migrantes. Tra queste, anche l’Associazione Cappuccini, che da venticinque anni coordina lo Studio insieme, un aiuto a bambini e ragazzini di ogni età per rispondere ad un forte bisogno educativo. Catania, infatti, detiene il triste primato in Italia per la dispersione scolastica, il cui dato si attesta al 21 per cento. Gli appelli dell’arcivescovo Luigi Renna e del presidente del tribunale dei minorenni Roberto Di Bella, che hanno richiamato al dovere dirigenti scolastici e genitori, sono stati numerosi e cominciano a portare i primi frutti.

«Attraverso l’aiuto allo studio», spiega Graziella Biondi, tra i fondatori dell’associazione e oggi docente in pensione, «abbiamo voluto dare una mano a quei genitori che avevano difficoltà dal punto di vista educativo dei figli. Inizialmente andavamo nelle case delle famiglie che ce lo chiedevano, ma da circa tredici anni siamo qui, nei locali di via Raciti. Dal 2021 siamo consociati con Portofranco, l’esperienza nazionale di aiuto allo studio gratuito. Negli anni si sono instaurati rapporti d’amicizia con i ragazzi e con le loro famiglie. Spesso alcuni di loro, terminata la scuola, tornano come volontari».

Gessica ha conosciuto Graziella e l’esperienza dello Studio insieme-Portofranco frequentando il corso di Giornalismo del professor Giuseppe Di Fazio. «Durante una di quelle lezioni», racconta, «ho conosciuto anche Giovanni Tedeschi, presidente dell’associazione, insegnante e padre di due figli. Sono rimasta colpita dal modo in cui parlava di questa realtà e degli altri gesti che l’associazione porta avanti. Ci è stato chiesto se avessimo voluto dare una mano, e io ho detto di sì. Qui ho scoperto le situazioni educative e familiari più disparate. Con il tempo, per questi ragazzini non sei più solo la persona che li aiuta nei compiti. Diventi loro amica e si confidano con te».

Proprio grazie alla sua testimonianza, si sono aggiunti sua sorella Gloria, Ivan e Sofia. Quest’ultima racconta: «Dopo aver fatto parte di un gruppo scout per dieci anni, sono arrivata in Università, desiderosa di continuare a contribuire, nel mio piccolo, ad un mondo migliore. Sto ancora imparando a capire il meccanismo per entrare nel “mondo” dei ragazzi, sfidando me stessa in qualcosa in cui, mi sono sempre detta, non ero capace. Questi bambini e questi ragazzi li vedo crescere con me. Ed è ancora più bello quando, grazie al nostro supporto, imparano a fare da soli». Una mamma, lasciando il figlio, ringrazia i volontari: «Lo togliete dalla strada e lo portate dove può studiare e sognare».

La distribuzione dei pacchi del Banco Alimentare

L’Associazione Cappuccini oltre all’aiuto allo studio, assiste più di ottanta famiglie. La signora Pina, 86 anni, accoglie da circa vent’anni, in una stanza della sua casa in via Plebiscito, gli alimenti che arrivano dal Banco Alimentare, destinati ai più bisognosi del quartiere.

Ogni sabato alle 8.30 puntuali arrivano a casa di “nonna Pina” Lidia ed Enrica, studentesse. Insieme preparano le buste di generi alimentari. «Mi occupo anche di compilare i registri di carico e scarico», spiega Enrica «come richiesto dal Banco. Ci vuole moltissima attenzione; per me che di natura sono distratta è una sfida personale. Allo stesso tempo, è un grande aiuto a focalizzarmi al 100 per cento in quello che faccio il sabato mattina alle 8.30 in via Plebiscito, dove non mi porterebbe nessuno se non dipendesse dall’incontro con l’esperienza cristiana nel movimento. Ciò che vivo in queste due ore a settimana cerco di portarlo dentro ogni aspetto della mia giornata».

Nel frattempo arrivano gli altri “nipoti” di Pina: Edith, Marianna, Paolo, anch’essi universitari. Con loro gli insegnanti Santa, Graziano e Giovanni, il presidente, che invita tutti, prima di iniziare il giro di distribuzione, a recitare l’Angelus e a riprendere le parole di un testo per prepararsi al gesto. Spesso si tratta di brani tratti da omelie del Papa o di un paragrafo de Il senso della caritativa di don Giussani.

Durante la distribuzione si raccontano. Graziano, che vive ed insegna nel quartiere e che solo così sta «imparando a conoscere davvero le problematiche e le difficoltà di questo luogo»; Santa, che ha conosciuto il gesto tramite gli amici del movimento; Paolo, che è stato invogliato da suo padre, dopo qualche anno di esperienza con i senzatetto della stazione centrale.

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Edith si fa portavoce anche di Teresa, che adesso studia a Pavia: «Ci accompagna tutta la settimana il pensiero di quelle persone che ci scrivono anche su WhatsApp, per chiederci aiuto nella compilazione di moduli o nel procurargli dei farmaci. Condividiamo con loro pezzi di quotidianità. Queste persone si sentono guardate e volute bene da noi, fino ad aspettarci ogni sabato per ricevere la busta. Io da sola non sarei capace di questo amore, mi riscopro amata nella compagnia della Chiesa, e perciò mi stupisco in azione».

Infine, la testimonianza di un sacerdote di Catania: «Per me questa periferia è il posto più bello del mondo. Qui Dio ha fatto accadere dei miracoli e mi fa vedere la promessa di bene che ha su di me, incoraggiandomi a curarlo e farlo fiorire».