La fiaccolata a Lourdes (Foto: Federica Annoni)

Gmg. C'è Qualcuno che mi vuole felice

Il racconto dei giorni prima, durante e dopo la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona. «Sono grata ella grazia che ho ricevuto: quella di essere stata afferrata da Gesù attraverso questa compagnia». Lettera di Marta

Tornando a casa dalla Giornata Mondiale della Gioventù è emerso in me il desiderio di raccontare a tutti quello che ho vissuto insieme a 600 ragazzi, universitari a fine percorso e “giovani” appena maturati. Ci ha guidati don Francesco Ferrari, che ho seguito come un padre, insieme ad altri cinque preti della Fraternità San Carlo.

Siamo partiti da Milano il 31 luglio e la prima tappa era a Lourdes dove abbiamo visitato il santuario e dove abbiamo iniziato a mettere a tema la vita come vocazione con una lezione tenuta da don Francesco. Ci siamo poi spostati a Lisbona e in quei giorni abbiamo partecipato ai momenti della Gmg: la catechesi con monsignor Giovanni Paccosi, la Via Crucis, la veglia e la messa con il Papa. Il 7 agosto siamo andati in pellegrinaggio al santuario della Madonna di Fatima insieme agli amici del CLU del Portogallo e della Spagna. Siamo poi tornati a Milano facendo tappa a Lourdes. Durante le tante ore di viaggio tutto era pensato: i canti, i silenzio, le preghiere, le letture e i giochi. Anche i viaggi erano parte del gesto.

Sono stati giorni impegnativi: poco sonno, tanto caldo. Non era proprio la vacanza che avrei scelto da me: si dormiva in palestra per terra, si faceva una coda infinita per lavarsi i denti, mangiavamo pane e würstel in scatola, ho dormito in un campo con un milione e mezzo di persone per poi essere svegliata da musica techno alle 6.30 della mattina.
Eppure, torno a casa piena di gratitudine, con il cuore pieno e riconoscente della grazia che ho ricevuto: quella di essere stata afferrata da Gesù attraverso questa compagnia, parte della Chiesa. Torno a casa con il desiderio di spendere la vita per testimoniare questa grazia e di vivere la vita come “dialogo” e non come “monologo”.

In questi giorni ho scoperto le parole di don Giussani, quando ha detto: «Sono fragile amici miei, perché io vivo di questa sequela». Questo desiderio di vivere in “dialogo” con Chi mi chiama a costruire il Suo regno, e quindi di vivere la vita come vocazione, non è sempre chiaro. Tante volte la vita è un monologo con me stessa: è preoccupazione di costruirsi una vita serena in cui poter affermare me. Invece, seguendo il Papa, don Francesco, gli amici e i giessini incontrati, il desiderio del mio cuore è venuto a galla, è stato come disincrostato, lentamente, dallo strato di preoccupazioni (anche buone) che in modo affannato mi costruisco per costruirmi la vita.

Ho scoperto di aver bisogno di seguire per essere più me stessa, per vivere con un’ ipotesi che abbracci tutto di me. Ho seguito don Francesco fin dall’inizio quando ho deciso di partire, per poi seguirlo in ogni gesto piccolo, come la preghiera (ogni decina del rosario era offerta per qualcosa o qualcuno), o grande, come il partecipare alla veglia. La mattina della partenza per la veglia ci ha detto: «Noi andiamo lì, perché seguiamo il Papa. Noi seguiamo la Chiesa perché è luogo attraverso il quale Cristo ha raggiunto ognuno di noi». Ho avuto bisogno di qualcuno più felice di me per introdurmi alla veglia, alla preghiera alla Madonna, alla possibilità di vivere la vita come “dialogo”, come risposta ad un Altro. Rose dice: «Il cristianesimo alla fine è un uomo felice che ti trascina, e tu hai voglia di essere felice così», ecco io ho deciso di essere trascinata così, e più mi lasciavo fare, più scoprivo che non posso vivere per meno di questo.

LEGGI ANCHE - GMG. Chiamati per nome

I frutti si sono visti immediatamente. C’era una novità con gli amici del CLU “di sempre”, c’era la voglia di incontrare nuove persone come le giovani giessine della Brianza, c’era la semplicità di seguire dei gesti “diversi” da come li avremmo organizzati noi perché l’origine di quel gesto era la stessa che il mio cuore desidera. C’era la commozione davanti al silenzio di un milione e mezzo di persone che guardavano il Santissimo, ognuno con la sua storia, provenienti da diverse parti del mondo perché in qualche modo ognuno era lì perché “afferrato” anche lui da Cristo. Ci si commuove davanti alla preferenza per il popolo della Chiesa. Ci si sente preferiti perché ripensando alla mia storia, è un piccolo miracolo che anche io fossi lì inginocchiata davanti al Santissimo in un campo a Lisbona.

Sono tornata a casa certa che c’è Qualcuno che mi vuole felice. Sono tornata a casa con il desiderio di giocarmi nella tesi, con la mia famiglia, con gli amici e con il mio moroso senza la paura di dover trattenere con sforzo quanto vissuto in questi giorni perché certa che se perderò questa intensità sotto lo strato di preoccupazioni, ci sarà sempre la possibilità di riacquistarla perché sono già stata afferrata.

Marta, Milano