In gita durante una vacanza di GS

«Io che non dovevo sono stato amato»

Una piccola storia da una vacanza di Gioventù Studentesca. La discussione di una notte tra un ragazzo e un prof, le scuse, la cena insieme. Fino all'intervento durante l'assemblea finale

Gressoney, vacanza di GS di Lazio e Basilicata. Siamo ben oltre l’orario del silenzio fissato per quella notte, ma due ragazzi si aggirano ancora per i corridoi dell’albergo. Interrogati sul perché non fossero nelle loro stanze, rispondono con un sorriso spavaldo al professore che li ha trovati ancora in giro: «Siamo maggiorenni, facciamo quello che ci pare». «Voglio i vostri nomi, domani parlo con il vostro responsabile», replica l’adulto. Ma nulla, i ragazzi imperterriti non vogliono neppure dire chi sono. Gli animi si scaldano, ne nasce una accesa discussione. Alla fine i ragazzi se ne vanno nella loro stanza.

Il giorno dopo, tornando dalla gita in montagna, i due si avvicinano a quel professore per scusarsi. E lui: «Per me è tutto finito ieri notte. Da stamattina è iniziata una cosa nuova. Se volete stasera ceniamo insieme».

Durante la cena uno di loro racconta di sé, del contesto sociale difficile in cui vive, della compagnia di amici che frequenta, nei confronti dei quali deve sempre indossare una maschera. E parla della violenza, spesso unica risorsa per poter dire la propria in quelle che, più che compagnie di amici, sono delle gang. Eppure, aggiunge, con le persone presenti alla vacanza sente di poter essere libero, vede persone felici come lui vorrebbe essere, ma ogni volta che chiede all’amica che lo ha invitato come fa ad essere così felice sente sempre riecheggiare lo stesso nome: Gesù. «Io vorrei credere, ma non riesco», ripete più volte. Nel dialogo a tavola non emerge nessuna ricetta, se non la stessa proposta che si sono sentiti fare i primi discepoli: «Non si tratta di fare uno sforzo, ma di seguire la bellezza che hai incontrato. Stai attaccato a questi amici che ti hanno invitato e che vedi felici».

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La vacanza prosegue. Quel ragazzo continua a sentire su di sé un’inspiegabile preferenza da parte del professore con cui aveva discusso qualche notte prima, degli altri adulti lì in vacanza, degli amici vecchi e nuovi… A poco a poco si lancia in tutte le proposte, fino trovare il coraggio - lui che mai avrebbe fatto una cosa simile - di alzarsi e intervenire all’assemblea finale, davanti a 240 persone, per raccontare quei “suoi” giorni: «A me è accaduto di vivere il titolo della vacanza: “Siate realisti, domandate l’impossibile”. Ho trattato male un adulto e lui, invece di rimproverarmi e basta, mi ha trattato come mai nessuno aveva fatto con me. E il giorno dopo è ricominciato tutto. Io che non dovevo, sono stato amato». E chiude: «Io vorrei credere, anzi… Io vorrei essere come quel prof».
Donatella e Andrea, Roma