Indi con la sua mamma (Facebook)

«Io, neonatologo, e la piccola Indi»

La vicenda della bimba inglese, la sua morte, i suoi genitori. Cosa vuol dire prendersi cura fino alla fine? La lettera di un medico

Carissimo Davide, ti ringrazio dell’articolo che hai scritto riguardo a quanto accaduto in Inghilterra alla piccola Indi Gregory, dove ancora una volta lo Stato, la giustizia, il “best interest”, sopraffanno il desiderio e l’affetto dei genitori. Mi ha molto aiutato a riflettere sul dolore innocente. Faccio il neonatologo da molti anni ed il tema delle cure palliative perinatali e dell’accompagnamento fino alla fine dei piccoli che ci sono affidati è estremamente importante, ci mette davanti ancora di più al mistero della vita, al suo essere dono ed al rispetto che si deve a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, sono coinvolti nel prendersi cura di loro. Al primo posto devono essere i genitori, che vivono momenti di vero e proprio lutto, quando il bambino atteso non è come lo desidererebbero e sanno che potranno accompagnarlo solo per poco tempo.

Finalmente nel campo della Medicina perinatale, da qualche anno si parla molto di questi temi: accompagnare il bimbo e i genitori rispettando la vita, secondo la sua naturale storia, dove la cura medica non può modificare l’esito, ma può consentire di viverla fino in fondo aiutando ad apprezzarne il valore.

Con diversi amici che lavorano in questo campo ci stiamo confrontando in questo ed in altre aspetti della nostra professione, per comprendere come stare accanto a queste famiglie senza abbandonarle e senza illuderle, cercando di sostenere l’opzione per la vita di fronte a tanti che vedono come soluzione più opportuna quella di interromperla.

In particolare, Indi non soffriva di grave disabilità, ma di una malattia con esito inevitabilmente infausto a breve termine, dove solo l’assistenza intensiva permette la sopravvivenza. La prognosi quoad vitam è limitata. Le buone pratiche mediche indicano di accompagnare i genitori a comprendere con una corretta informazione, rispettando i loro tempi anche nelle scelte di assistenza, al limite senza sospendere le cure intensive per quanto necessario.

Nessuno di noi ha deciso della sorte di questa bimba. Il Signore ce l’ha donata perché noi possiamo servirLo, prendendoci cura di lei e dei suoi genitori, accompagnandoli fino in fondo senza mai abbandonarli.

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Non sappiamo cosa sia accaduto nelle ore di ricovero in hospice fino alla morte, speriamo che sia stato dato loro il tempo ed il modo di stare il più possibile con Indi. Un tempo di cura a lei e a loro prezioso, da considerarsi un privilegio per noi operatori.

Grazie ancora della guida che sei per la mia vita, spero che ci sarà tempo per incontrarci su questi temi, così cruciali per noi e per tutti.
Giuseppe, Milano