La mostra sulle Trappiste di Azer nel monastero San Benedetto di via Bellotti a Milano

La grazia di essere "sorelle"

La mostra del Meeting sulle trappiste di Azer, in Siria, ospitata nel monastero benedettino di via Bellotti a Milano. Una settimana sorprendente, a fine gennaio, Tra amici che davano una mano e tanti visitatori. La lettera di Madre Maristella

Dal 20 al 28 gennaio abbiamo ospitato nel nostro monastero di via Bellotti a Milano la mostra del Meeting sulle monache Trappiste di Azer in Siria. Ce l’hanno proposto degli amici della nostra parrocchia, che insieme ad alcune associazioni e centri culturali hanno curato l’organizzazione e si sono fatti carico di molti aspetti pratici a cui la nostra piccola comunità non sarebbe stata in grado di provvedere, come i turni in portineria e l’accoglienza dei visitatori, le visite guidate e la vendita dei libri.

Ricordiamo questa esperienza come un’occasione di vivere intensamente l’amicizia, prima di tutto con chi è stato con noi in monastero facendo servizio. L’amicizia è stata anche la scintilla che ha acceso in noi il desiderio di acconsentire a una proposta un po’ insolita per un monastero di clausura: le sorelle di Azer per noi sono delle amiche! Con suor Marta ci siamo incontrate durante un corso di formazione per maestre delle novizie tenutosi a Vitorchiano: condividere una settimana di preghiera, di studio e di confronto esperienziale crea legami forti, che non si dimenticano. Ospitare la mostra per noi è stato un po’ come accogliere in casa nostra le sorelle di Azer, fare spazio a loro non solo nei nostri cuori e nella nostra preghiera, ma anche nei nostri ambienti di vita, che sono stati dolcemente “invasi” per una settimana da una fiumana di persone interessate, partecipi e colme di stupore.

Come le Trappiste, anche noi siamo figlie di san Benedetto: la sua Regola ci unisce in modo fortissimo, al di là di alcune differenze di stile, segno della sovrabbondante varietà di carismi fioriti da una sola radice. La nostra vita è molto simile alla loro, per questo ci è sembrato bello offrire ai visitatori un contesto che permettesse di “sentire” qualcosa dell’atmosfera che si respira nel monastero di Azer dal punto di vista spirituale. Vedere una mostra che parla di monache in un ambiente in cui vivono altre monache che praticano la stessa Regola, permetteva di compiere un percorso spirituale.

Lo abbiamo toccato con mano perché molti, dopo aver visto l’esposizione, salivano nella nostra cappella a pregare. Dai pannelli esposti traspare che il cuore delle monache è come un filo invisibile che unisce terra e cielo, implorando la benedizione di Dio e la sua pace sull’umanità. Così, forse vincendo un pizzico di timidezza, molti hanno chiesto, anche per telefono o via mail, di fissare un appuntamento per raccontare i propri drammi a una sorella che se ne facesse carico e ne parlasse col Signore. Sentirsi ricordati, sapere che c’è qualcuno che prega, che resta silenziosamente vicino nello Spirito, era forse quello di cui tanti visitatori erano inconsapevolmente assetati.

LEGGI ANCHE - Genova. Testimoni credibili, come Livatino

Grazie alla mostra ho conosciuto una giovane mamma che da poche settimane aveva perso la bimba che stava aspettando pur sapendo che, se fosse nata, sarebbe stata gravemente malata e non avrebbe avuto molte possibilità di sopravvivere. Questa mamma è venuta a parlarmi con la ginecologa che l’ha assistita durante la gravidanza. Dialogando, ci siamo sentite tre sorelle, madri in modalità diverse, unite dalla stessa volontà di amare e di dare la vita. Un incontro commovente, da cui sono uscita piena di gioia. Neanche una settimana dopo questa mamma è tornata in monastero, attraversando la città prima dell’alba, per condividere con noi la preghiera delle Lodi e la Messa. Voleva pregare con noi per un’amica, a cui è stato diagnosticato un tumore, madre di una bimba down di pochi mesi. Vedere la dimenticanza di sé di queste madri di famiglia così provate dalla malattia ci ha dischiuso orizzonti immensi di capacità di amore, l’unica cosa che veramente conta e rimane. Ospitare le sorelle di Azer tramite la mostra è stata per noi un’occasione per riscoprire la grazia di essere sorelle, tra noi e con tutti. Come il chiostro, centro di gravità del monastero, è chiuso sui quattro lati, ma aperto verso il cielo, così il cuore di una monaca, apparentemente separato dal mondo, ha la grazia di accogliere in Cristo l’umanità intera e di sussurrare a ciascuno: «Non sei solo!».
Madre Maristella, priora del monastero San Benedetto di Milano